LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Quando si dice la fortuna…
L’Archivio Salesiano Centrale di Roma conserva un taccuino, meglio, un’agenda di contabilità, di circa 300 paginette, con tanto di intitolazione alternata Dare – Avere, su cui don Bosco ha redatto quello che oggi si definisce come il suo “testamento spirituale”.
In realtà il titolo, autografo del Santo, è “Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a’ suoi figliuoli Salesiani”. La definizione è comunque appropriata, non fosse altro che per la data in cui il manoscritto è passato dalle mani di don Bosco a quelle dei salesiani il 24 dicembre 1887, 38 giorni prima che morisse.
Il contenuto
Don Bosco, giunto allo zenit della vita, con quel taccuino ha consegnato ricordi e consigli tanto spirituali quanto di estrema concretezza ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai cooperatori e benefattori delle opere salesiane. Numerose risultano soprattutto le raccomandazioni e gli avvisi per chi, nelle due congregazioni da lui fondate, esercita l’autorità: il Rettor Maggiore, il Capitolo Generale, il Consiglio Superiore, i direttori ecc. Don Bosco ha stilato il suo testo in modo saltuario nello spazio del triennio 1884-1887, allorché una certa ripresa delle sue condizioni di salute coincideva con i rari momenti di tempo libero da altre più urgenti occupazioni.
Di fronte a queste paginette, è difficile sottrarsi alla suggestione di essere alla presenza di un testo “sacro”, tanto è irrorato di parole non vane e non caduche: parole di fede, di gratitudine, di amore, di speranza, di umiltà, di perdono, parole che la morte pensata come reale e ormai prossima segna di incontrovertibile sincerità.
Uno scritto di grande valore dunque e anche una sorta di autoritratto di don Bosco, che dei segreti più intimi del suo scrinium cordis poco o nulla esclude per timore, pietà o pudore. Il tutto redatto con uno stile disadorno, sostanzioso, efficace più nell’effusione dei sentimenti e nella concretezza delle raccomandazioni che nella concisione dei concetti.
Il manoscritto è tutto di mano di don Bosco, ad eccezione delle pagine 117-128, sulle quali un’altra mano ha copiato il testo di nove fogli strappati prima della pagina 71 e di due fogli, indirizzati alla vice contessa Cessac e alla baronessa Scoppa, staccati dopo la medesima pagina. Sulla pagina 116 rimasta bianca un anonimo archivista a matita ha scritto: Le nove pagine strappate tra la 70 e 71 contenevano lettere a varie persone benemerite, da consegnare ai destinatari dopo la morte di Don Bosco. Vedine copia a pag. 117ss”. Si trattava di poche parole di ringraziamento per la loro generosità nei confronti dell’opera salesiana e di auguri di ogni bene spirituale nel tempo e nell’eternità.
Una gradita sorpresa
Ma per fare una pubblicazione scientifica del testo di tali paginette occorreva confermare quanto l’archivista aveva scritto, occorreva trovare almeno uno degli originali. La ricerca si presentava non facile. Come e dove trovare un bigliettino di pochi centimetri? I destinatari, aristocratici italiani e francesi, erano deceduti forse da un secolo. Gli eredi lo avevano conservato?
La fortuna mi arrise: individuato il palazzo torinese di uno dei benefattori cui era indirizzata una paginetta, in questo caso il palazzo Callori, chiedo un appuntamento con una persona colà residente, un discendente della famiglia. Per telefono gli indico che ero interessato alla documentazione relativa ai tanti contatti di don Bosco con la famiglia Callori. (Nella chiesa di S. Francesco di Sales a Valdocco sono rappresentati i conti Federico e Carlotta Callori, fra i primi e più generosi benefattori di don Bosco). Mi accoglie cortesemente, mi fa accomodare in un bel salone e dopo i convenevoli, preciso il motivo della mia visita. Mi sorride e con l’indice della mano destra mi indica un quadro appeso su una parete della sala. Mi avvicino e, sottovetro, vedo un bigliettino sormontato dalla scritta a stampa “dare” con poche righe di don Bosco.
Era esattamente la paginetta strappata dal taccuino di don Bosco. Controllo con la fotocopia che ho portato con me: identico il testo: [p. 127]: Sig.a C.ssa Carlotta Callori / O Maria, proteggete questa vostra figlia, ottenete dal divin figlio Gesù larga ricompensa della carità fatta in sostegno della congregazione salesiana. Maria vi conduca seco al paradiso con tutta la vostra famiglia. Continuate ad essere il sostegno delle opere nostre, pregate per la povera anima mia”.
Più fortuna di così?
Don Bosco all’asta
PS. Qualche tempo dopo – sempre una trentina di anni fa – in occasione di un’asta di manoscritti presso la casa d’asta Christie’s di Roma, ebbi la buona sorte di venir a contatto con altri eredi della famiglia Callori, residenti a Milano, che pure operavano in una casa d’asta. Possedevano una dozzina di lettere autografe di don Bosco: me le misero gentilmente a disposizione per la trascrizione e la fotocopia, tanto le edite quanto le inedite. Altrettanto non ho potuto fare invece con le quattro lettere originali vendute alla suddetta asta di Roma ad un collezionista di autografi di Ginevra. Mi feci fotocopia solo delle prime righe. Ma non mi rattristai più di tanto… una volta verificato che erano già state pubblicate tutte quante!