BS Gennaio
2022

LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO

FRANCESCO MOTTO

Un terzo don Bosco a Valdocco

Un convegno in occasione del centenario dalla morte del Rettor Maggiore, don Paolo Albera.

“Io e te faremo a metà!” avrebbe detto don Bosco al ragazzino Michele Rua. Ed effettivamente i due collaborarono in pieno per la fondazione della Congregazione salesiana, fino al punto che don Bosco lasciò correggere dal giovane Rua quelle stesse Costituzioni che trovavano difficoltà ad essere approvate da Roma. Don Rua poi fu il primo successore di don Bosco e lo imitò al punto da meritarsi la qualifica di “un altro don Bosco” (anche se la storiografia più recente ci ha restituito un don Rua “altro” da don Bosco).

Ma nel 1892 la Francia restituiva a Valdocco “un petit don Bosco” nella persona di don Paolo Albera (1846-1921). “Piccolo” non certo nel senso della statura – era più alto di Bosco – ma nel senso di essere un’immagine semplice, umile, riservata del don Bosco storico che in terra francese pochi anni prima era stato semplicemente osannato da vaste cerchie di opinione pubblica di varie città, non esclusa la laicissima Parigi. Di tale voluta “somiglianza” era ben cosciente lo stesso don Albera, al punto da farsi fotografare in pose che richiamavano espressamente quelle, molto diffuse, di don Bosco.

Il Rettor Maggiore meno conosciuto

Oggi don Albera è probabilmente il meno conosciuto fra i dieci successori di don Bosco. Forse che a “danneggiarlo” in tal senso è il fatto che si trova collocato fra due rettori maggiori beati, don Rua e don Filippo Rinaldi? Non direi. Piuttosto tale relativa “dimenticanza” è da attribuirsi al tristissimo evento cui dovette far fronte: quasi metà dei suoi undici anni di Rettorato è coincisa con la prima guerra mondiale (1914-1918) con tutte le conseguenze del caso. Prima fra tutte, quella di essere al vertice di una Congregazione costituita per lo più da confratelli in età militare, che da compagni di scuola o di noviziato o residenti nella stessa casa, paradossalmente furono chiamati in massa a combattere, talvolta con le baionette, gli uni contro gli altri! Per non dire dei bombardamenti e delle requisizioni di numerose case, dei molti orfani accolti gratuitamente, della difficile situazione economica e sociale post bellica, dell’impossibilità di aiutare le missioni…

Eppure don Albera non è una figura di secondo piano nella storia della Congregazione salesiana. In essa ha ricoperto ruoli di responsabilità per ben 50 anni: direttore per 10 anni a Genova (1871-1881), primo ispettore di Francia per 11 anni (1881-1892), direttore spirituale della Società salesiana per 18 anni (1892-1910), Rettore maggiore per 11 anni (1910-1921). Un cursus honorum di tutto rispetto, non inferiore ai Rettori maggiori che lo hanno preceduto e seguito.

Una preparazione a distanza

Don Bosco aveva visto giusto quando ad inzio degli anni sessanta per una fotografia in cui doveva apparire attorniato da ragazzi che volevano confessarsi, chiese che il ragazzo che gli sussurrava all’orecchio i suoi peccatucci fosse proprio Paolino Albera. Non per nulla ancora studente quattordicenne, don Bosco lo aveva invitato a sottoscrivere la richiesta al vescovo monsignor Luigi Fransoni di dare una prima approvazione alle Costituzioni salesiane.

A contatto diretto con don Bosco, don Albera aveva vissuto gli anni dell’adolescenza e della giovinezza, dai 14 ai 26 anni; per altri 17 anni il loro rapporto, per quanto saltuario, non venne mai meno, grazie soprattutto a vari incontri a Torino, in Liguria e in Francia. Era dunque pronto ad assumere, a suo tempo, dopo don Rua, il compito di Rettor Maggiore della congregazione salesiana. Del resto era stato lo stesso don Bosco a “profetizzare” che sarebbe stato lui il “suo secondo” [successore], e non don Rinaldi che pure, da Prefetto-Vice Rettor Maggiore nel 1910, era in pole position per essere immediatamente eletto al suo posto.

Un convegno provvidenziale

In occasione del centenario della sua morte è stato dunque provvidenziale il Convegno, in presenza e on line, promosso dal Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime ed affidato per la realizzazione all’Istituto Storico Salesiano con sede nel campus della Pontificia Università Salesiana di Roma.

Nella due giorni di studio (30-31 ottobre 2021) è emersa anzitutto la figura di un prudente uomo di governo che, in un lasso di tempo particolarmente difficile, ha saggiamente gestito una società in crescita internazionale e in ricerca di un nuovo equilibrio istituzionale con l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Inoltre si è dimostrato illuminato maestro di spiritualità per migliaia di Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, incontrati di persona a Valdocco e nei suoi numerosi viaggi di animazione, o attraverso la stampa (lettere circolari, manuale del direttore, Bollettino Salesiano…).

In tal modo, per quanto costretto per causa di forza maggiore a moderare l’impressionante sviluppo dato alla congregazione salesiana dal lungo rettorato del predecessore, alla morte don Albera la lasciò in buona salute, pronta a riprendere lo slancio delle origini. Scriverà alla sua morte il successore don Rinaldi:

“E il Signore gli diede a consolazione di veder benedette le sue fatiche, nel numero dei soci aumentato durante il suo Rettorato di 705, nonostante i vuoti causati dalla guerra; nel numero delle case aumentate di 103, nelle nuove missioni aperte in Africa (nel Congo belga), in Asia (nella Cina) e nell’Assam, nel Chaco Paraguayo [e nel Matto Grosso]; nelle nuove case di noviziato, e nei nuovi fiorenti oratorii festivi, che aggiunsero nella solennità del suo accompagnamento funebre (che nella sua imponenza devota richiamava alla mente quelli di don Bosco e di don Rua) una nuova nota di commovente edificazione”.

Don Albera: un Rettor Maggiore che ha gestito il presente della Famiglia salesiana in fedeltà al passato carismatico del fondatore ne ha preparato il futuro. Gli Atti del Convegno ce lo confermeranno.             

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