COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
LE MALATTIE DELL’EDUCAZIONE 3 - L'anemia
Lo psicologo americano John Powell afferma: “In certi casi può sembrare spaventoso, ma il nostro destino è nelle mani dei genitori. Noi siamo, tutti quanti, il prodotto di coloro che ci hanno amati o che si sono rifiutati di amarci!”.
Dire ‘anemia’ è dire ‘mancanza’: mancanza di forze, mancanza di brio, mancanza di calore. Anche l’anemia pedagogica è mancanza: mancanza di slancio, di passione, di interessi… L’anemia pedagogica porta ad un’educazione piatta, sbiadita, bassa, rassegnata. L’educatore affetto da tale malattia, infatti, ha un carattere inadatto alla crescita di un uomo. È molliccio, debole, privo di grinta. Pur di non avere fastidi, educa (meglio: ‘alleva’) a caramelle e zucchero filato. L’educatore anemico non accende fuochi, ma getta acqua.
È soggetto a depressioni, a frustrazioni. Invece di dare carezze di prima mano, dà carezze sostitutive di seconda mano quali sono i doni, i regali, i giochi, i vestiti. Ne abbiamo abbastanza per concludere che è da saggi prendere le debite distanze dall’anemia pedagogica. Stare alla larga, perché tale malattia è così grave da rendere impossibile l’educazione stessa!
Le strategie
Possiamo tranquillamente creare strategie tutte nostre, o fare ciò che funziona. Non importa realmente quali strategie accumuliamo. Il problema principale è avere la volontà di svolgere il nostro lavoro, di porre dei sani limiti ai nostri figli, limiti all’interno dei quali possono svilupparsi, imparare, crescere e sbocciare alla vita. Ma, forse, l’aspetto più importante, è la volontà di usare il buon senso.
Strategia 1 • I genitori sono il segreto della felicità futura dei figli. Si tratta di essere semplicemente persone serie che riflettono un attimo su ciò che sono. Essere genitore non è uno spasso, non è cosa per gente pigra! Ne era convinto l’autorevole pediatra Marcello Bernardi: “Diventare genitore non è obbligatorio. Ma quando uno lo diventa, deve darsi una bella regolata e stare attento a quello che fa!”.
“Una bella regolata!”, certo, perché la sorte di un uomo è nelle mani di chi lo mette al mondo! A proposito è molto esplicito lo psicologo americano John Powell: “In certi casi può sembrare spaventoso, ma il nostro destino è nelle mani dei genitori. Noi siamo, tutti quanti, il prodotto di coloro che ci hanno amati o che si sono rifiutati di amarci!”
I genitori, lo vogliano o non lo vogliano, ci pensino o non ci pensino, lasciano una traccia: educano o rovinano il figlio che non può sottrarsi ad essi, soprattutto nei primi anni della vita che formano lo zoccolo duro della nostra personalità.
Il contesto familiare è la base che ha il potere di costruire o demolire, in modo indelebile, l’io del bambino e quindi l’uomo di domani!
Ecco: prendere coscienza del nostro ruolo dovrebbe sconfiggere l’anemia pedagogica! È meglio, infatti, non generare che rovinare!
Strategia 2 • Fortificare, il più possibile, la passione educativa che muove tutto! Ebbene, la molla che dà forza ad ogni passione è un sogno, una meta, un ideale. Un uomo con un sogno è più forte di cento che abbiano solo interessi!
Non solo più forte, ma anche più grande in base all’altezza del sogno, dell’ideale. Ebbene, si trovi un ideale più grande di quello di regalare al mondo un Uomo nuovo! Non ci stanchiamo di sottolinearlo: costruire un calcolatore elettronico è geniale, andare sulla Luna è meraviglioso, educare un Uomo è immenso! Ciò detto, possiamo chiudere il ragionamento: l’anemia pedagogica la si distrugge se si prende consapevolezza dell’altezza e della grandezza del compito del genitore!
Strategia 3 • Decidere che cosa vogliamo e insegnarlo davvero. In genere ai bambini si deve insegnare a diventare autonomi e ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni. A loro non piace affatto che venga detto che cosa fare. Possiamo insegnar loro anche che, a volte, ci tocca fare cose che non ci piacciono. È meglio puntare su comportamenti semplici e concreti che, una volta insegnati, innescheranno altri cambiamenti positivi.
Strategia 4 • Il modello siete voi. Possiamo esercitarci ad agire con convinzione e con fiducia, anche se, in tutta onestà, non proviamo questi sentimenti. Possiamo raddrizzarci, buttare il petto in fuori, tenere la testa alta e camminare con passo deciso. Possiamo imparare a girare sui tacchi, non più ad arretrare – oppure possiamo restare fermi, in silenzio di protesta. Possiamo abbassarci al livello del bambino per guardarlo negli occhi. Possiamo imparare ad abbassare la voce quando siamo arrabbiati, anziché alzarla. Possiamo guadagnare tempo per programmare ciò che vogliamo dire o per prendere decisioni.
Possiamo prendere atto delle cose belle presenti nella nostra vita. Possiamo cercare ispirazione dentro di noi o negli altri. Possiamo dedicare il nostro tempo e la nostra energia agli altri. E, come abbiamo visto così tante volte, possiamo dire ciò che intendiamo e intendere ciò che diciamo.
SECONDO PIERO ANGELA
Piero Angela il quale raramente scrive con tanta partecipazione come in questo caso, parlando della mamma: “Immersa nei pannolini, nelle pappe, nei rigurgiti, la mamma si sente spesso frustrata intellettualmente, ma può ritrovare una diversa prospettiva, se è consapevole che la sua intelligenza, il suo talento, la sua sensibilità sono praticamente le sole cose che permettono a quel batuffolo umano di emergere dalla notte animale e di diventare un essere pensante. Tocca a lei plasmare, modellare, stimolare la nascita dell’intelligenza, della creatività, della personalità.
Il suo compito è molto simile a quello di uno scultore, di un pittore, di un musicista. Il figlio è buona parte sua ‘composizione‘ per la quale occorre altrettanto talento quanto può occorrerne ad un artista per realizzare una creazione. E, forse, di più!”.