La Buonanotte
B.F. Disegno di Fabrizio Zubani
La moneta magica
È venuto il momento che tu parta per affrontare la vita e guadagnarti da solo il pane» disse il papà al giovane Saverio. Il mattino dopo, il giovane abbracciò la mamma e il papà, si infilò sulle spalle lo zaino con tutti i suoi averi e, con un piccolo nodo in gola, si incamminò verso la città.
Poco prima di partire, il papà gli aveva consegnato un sacchetto di cuoio legato con un cordone robusto. «Questi sono i soldi che abbiamo risparmiato per te. Ti serviranno per incominciare».
Il giovane partì baldanzoso, ma nella periferia della città un brutto ceffo gli portò via tutto. Si sedette su una panchina e si prese la testa fra le mani. «Che cosa faccio adesso? Non posso certo tornare a casa, dopo aver perso tutto…». Aveva voglia di piangere e di imprecare. Quel bandito solitario aveva cancellato in un momento tutti i suoi sogni. Che futuro poteva avere senza una lira in tasca? I suoi pensieri si stavano popolando di neri nuvoloni, quando si accorse di avere qualcosa impigliato nell’orlo della giacca.
Era una moneta. Una moneta nuova, scintillante. Era sfuggita dal sacchetto di cuoio, quando lo aveva gettato al rapinatore.
C’era un emporio all’entrata di un villaggio. Saverio entrò deciso, si guardò intorno, poi afferrò una zappa e la pagò con la sua moneta. Con la zappa nuova in spalla si presentò ai padroni di alcuni orti che ben volentieri lo ingaggiarono.
Saverio era forte e coscienzioso. In pochi mesi di salario, aveva messo da parte un nuovo gruzzolo. Così decise di acquistare una casa. La comprò con più stanze di quelle che gli servivano. «Affitterò le stanze e con l’affitto e il mio lavoro vivrò tranquillo», pensava.
Si era appena abituato alla nuova vita quando, un mattino, fu risvegliato da un boato tremendo. Un terremoto aveva ridotto in polvere la città.
Quando tutto si fu acquietato, Saverio si accasciò sul mucchio di macerie che qualche ora prima erano la sua casa e si prese la testa fra le mani. «È proprio finita! Non ce la farò mai!». Ma proprio in quel momento si accorse di avere qualcosa in tasca. Era la moneta. La prese nel palmo della mano, un raggio di sole la fece luccicare. Era proprio la moneta dell’altra volta. I pensieri bui svanirono, come la nebbia al sole. Si rialzò, raddrizzò la schiena e si guardò intorno. Era circondato da rovine e desolazione, ma si disse: «Ecco un posto pieno di ottime occasioni!». Con la moneta si comprò alcuni attrezzi da muratore e si mise al lavoro. Un anno dopo la città era ricostruita e Saverio era diventato uno dei cittadini più stimati.
Così un bel mattino riprese la strada di casa. La mamma e il papà lo soffocarono di abbracci.
«È andato tutto bene – rispose Saverio –, grazie a questa moneta, che in modo strano torna sempre da me».
Il giovane mostrò la moneta ai genitori. «Lo sapevo, – disse il papà –, la conosco bene. Mio padre, tuo nonno, la diede a me. E io l’ho data a te. Leggi la scritta che è incisa sopra e capirai».
Saverio guardò attentamente la moneta e lesse: «SPERANZA».