La casa di Maria Ausiliatrice
Natale Maffioli
Il pulpito della Basilica
La cappella dedicata a san Domenico Savio nella Basilica di Maria Ausiliatrice ha subìto nel tempo tre modifiche importanti e il loro ricordo è rimasto.
Ecco un ambiente della basilica di Maria Ausiliatrice che è il risultato di molteplici trasformazioni. Don Bosco nel 1867 dedicò ai Sacri Cuori di Maria e di Gesù un altare laterale, il primo a sinistra; don Michele Rua alcuni anni dopo, nel 1891, mutò il titolo e lo dedicò a San Francesco di Sales e ultimamente è stato dedicato a san Domenico Savio. Come si può vedere in centocinquant’anni ha subìto tre modifiche importanti.
Un pittore misterioso
Ora analizziamo nei dettagli quanto è avvenuto.
Don Bosco affidò la realizzazione della prima pala dell’altare a Giovanni Battista Bonetti, un giovane uscito di fresco dell’Accademia Albertina; il nostro Santo non aveva grandi risorse da investire nell’apparato decorativo della sua nuova chiesa, per questo si affidò a giovani artisti, con poche pretese. La tela del Bonetti rimase sull’altare per pochi decenni, nel 1898, don Michele Rua la ‘spedì’ all’istituto di Caserta da poco fondato. Le notizie di quella casa riferiscono che la chiesa fu inaugurata il 15 dicembre 1898 dal vescovo di Caserta monsignor Gennaro Cosenza alla presenza dello stesso don Rua e il dipinto che campeggiava sull’altare maggiore era proprio questo proveniente da Torino. Dopo i fatti funesti della guerra, il dipinto è stato sottoposto ad un radicale restauro che ne ha modificato l’impostazione generale.
Il Bonetti scompare dai documenti pochi anni dopo e non lascia tracce della sua attività, risulta che abbia partecipato a una esposizione alla Promotrice delle Belle Arti e in occasione di una di queste vendette un dipinto all’Ordine Mauriziano. Con tutta probabilità morì giovane, oppure emigrò poco dopo aver realizzato il dipinto per don Bosco. Sulla volta della cappella don Bosco aveva affidato al pittore Giuseppe Rollini (1842-1904) l’esecuzione di un affresco raffigurante la Fede che dissipa l’eresia; la pittura è divisa nettamente in due parti, quella superiore è incentrata sull’ostensorio con l’eucarestia, è coperta da una sorta di baldacchino retto da angeli e al centro la figura dell’arcangelo san Michele che caccia dei personaggi che rappresentano l’errore.
Come si diceva sopra, nel 1896 don Rua mutò il titolo dell’ambiente e lo dedicò a san Francesco di Sales, patrono dei salesiani, affidando l’esecuzione del nuovo altare a Crescentino Caselli che progettò la bella cornice di marmo di Carrara, di gusto neo rinascimentale, le due colonne, decoratissime racchiudevano una tela di Enrico Reffo, firmata e datata 1896 con il Santo all’inginocchiatoio mentre redige un testo ispirato. Nel timpano dell’altare fu realizzato, in bassorilievo, lo stemma dei salesiani e i dipinti sulle pareti laterali, descrivevano due episodi della vita del Santo, mentre catechizza un folto gruppo di fedeli e sul lato opposto Francesco di Sales in una tipografia intento a rivedere, con un frate domenicano, un’opera fresca di stampa (non per nulla il santo è patrono dei giornalisti).
Arriva Domenico!
Il terzo cambiamento del titolare si ebbe nel 1956, quando, con la canonizzazione di san Domenico Savio, fu scelto questo altare. Nulla fu mutato se non la pala dell’altare affidata al pittore Crida. Nel 1917 furono traslate le ossa del giovane dal cimitero di Mondonio nella basilica e furono collocate in un’urna di alabastro posta sotto uno dei piloni della cupola dirimpetto al pulpito e arricchita con un bassorilievo in gesso dello scultore Pietro Cellini, dove era raffigurato il giovane dinanzi a don Bosco mentre dice “Iddio mi vuole santo”. Le trasformazioni degli anni 40 del Novecento hanno interessato anche il sepolcro del giovane santo, che è stato spostato nella cappella e il bassorilievo è stato sostituito da una statua in marmo dello scultore Arrighini di Pietrasanta.