FMA
Tim Bex (DON BOSCO Magazine)
Koko Lucie
Nella Repubblica Democratica del Congo una suora salesiana belga ha insegnato a leggere e scrivere a migliaia di persone. Una piccola casa su un terreno vuoto è diventata una scuola per 3000 bambini.
CHI È LUCIE GEYS?
Nata a Hechtel-Eksel (Limburgo, Belgio) il 3 agosto 1937 divenne una suora di don Bosco e si trasferì nella Repubblica Democratica del Congo nel 1966. Ha lavorato per oltre 20 anni nella zona di Lubumbashi e dintorni. Si è trasferita a Kinshasa il 31 gennaio 1988, dove ha combattuto l’analfabetismo tra i bambini di strada per più di 30 anni.
E’ tornata in Belgio da un anno per riposarsi un po’. Prima Suor Lucie Geys è stata missionaria per non meno di 54 anni nella Repubblica Democratica del Congo. Koko Lucie è come la chiamano lì. “Koko” significa madre. Usano questo termine quando hanno un grande rispetto per qualcuno. Non sorprende, perché per oltre mezzo secolo Suor Lucie ha donato nuova speranza ai giovani svantaggiati.
Ciò che è iniziato come una scuoletta sotto un albero è cresciuto fino a diventare una scuola in cui più di 3000 alunni stanno seguendo un’istruzione di ottimo livello.
Appesa all’attaccapanni
«Non riesco a stare ferma, voglio avere un’occupazione». Queste sono più o meno le prime parole che mi dice l’83enne suor Lucie. Questa è stata la caratteristica di tutta la sua vita.
“Sono nata e cresciuta a Hechtel-Eksel. Prima sono andata a scuola a Eksel, poi a Overpelt. Ma non potevano tenermi da nessuna parte. Non mi piaceva imparare e disturbavo troppo gli altri. All’asilo, una suora mi ha addirittura appesa all’attaccapanni perché non riusciva a gestirmi. Ero un terremoto e lo sono ancora. Stare ferma? Non fa per me».
Quando Lucie fu mandata all’internato salesiano di Groot-Bijgaarden, le si spalancò un nuovo mondo.
«Un giorno mi è stato chiesto se non volevo diventare suora» racconta. «Qualcosa di cui ho riso all’inizio. Io? Suora? Assolutamente no. Ma alla fine ho iniziato a pensarci, ed ecco qui… Quando ero suora di Don Bosco da pochi anni, siamo andate in ritiro a Groot-Bijgaarden.
La superiora dell’Ispettoria ha detto che stavano cercando una suora missionaria per il Congo. Alla fine del ritiro non avevano ancora trovato un candidato. Così mi sono offerta. Mi sono stati dati quattordici giorni per prepararmi”.
Inseguita dai ladri
Il 21 settembre 1966, Suor Lucie partì per Kafubu, una regione a sud-est di Lubumbashi. «Dovevo assistere gli alunni nei loro studi e aiutare con le lezioni di cucito, ma presto ho capito che questo non era il posto giusto per me. Dopo cinque anni a Kafubu, sono andata a Mokambo. Lì ho iniziato un laboratorio di cucito per ragazze. Ma anche lì non era facile, perché il problema più grosso erano i furti. Ricordo ancora il furto delle nostre nuove macchine da cucire. Fingemmo di pagare il riscatto: confezionammo un pacco con soldi falsi e in alto mettemmo un po’ di banconote autentiche. Quando i ladri si sono resi conto di quello che gli era successo, abbiamo dovuto scappare. Ma abbiamo riavuto le nostre macchine da cucire».
Nel 1988, Suor Lucie iniziò una nuova avventura. Fu come un segno dall’alto, perché era il 31 gennaio (festa di don Bosco). Si traferì a Kinshasa e iniziò qualcosa di incredibile nel quartiere ‘Sanga Mamba’. «Quando siamo arrivate, non c’era niente» racconta Suor Lucie. «Un pezzo di terra di circa quattro ettari. Completamente vuoto. Siamo stati in una piccola casa senza acqua né elettricità ed eravamo completamente da sole. Ma passo dopo passo abbiamo iniziato a cercare sostegno e abbiamo realizzato i primi progetti».
Quella che era iniziata come una piccola casa con tre stanze è cresciuta lentamente fino a diventare una scuola con laboratorio di cucito, panetteria, scuola per acconciatrici e diverse aule.
«Piccola donna, grande signora»
Un’organizzazione di volontari ha sempre sostenuto il lavoro di Suor Lucie. L’ammirazione per lei è enorme. «Quando è arrivata a Kinshasa, le è stato dato un pezzo di terra desolata e hanno vissuto per due anni senza acqua ed elettricità» dice Lieve Gielen. «Grazie a lei, grazie al suo lavoro, ora c’è una scuola dove vengono educati più di 3000 bambini. Il missionario che ha visitato il suo lavoro ha detto anni fa che Lucie è «una piccola donna, ma una grande signora» e non posso che essere d’accordo. La sua motivazione e la sua perseveranza sono inesauribili e, grazie alle sue iniziative, molti giovani hanno avuto l’opportunità di una vita realizzata.
«Sono una mendicante» afferma Suor Lucie. «È solo presentando progetti, inviando lettere e chiedendo supporto ovunque siamo stati in grado di realizzare tutto questo. Ma l’obiettivo è sempre rimasto lo stesso: combattere l’analfabetismo. Penso di aver insegnato a leggere e scrivere a migliaia di persone; ragazze, ragazzi, vecchi, … Il denaro non aveva importanza per me. Chiunque avesse voluto imparare era il benvenuto, anche se alcuni non potevano permettersi la quota di iscrizione. Penso che questa sia la cosa più bella dei miei 54 anni in Congo: vedere come i giovani entrano senza prospettive e se ne vanno con le proprie gambe. Alcuni vanno a studiare all’università o al college, altri trovano un lavoro e sono in grado di vivere in modo indipendente».
Il momento più triste è stato il ritorno “forzato” in Belgio nell’aprile 2020. Con un sospiro profondo dice: «La mia salute non mi ha permesso di restare più a lungo». Continua con voce tremante: «Alle 10 di sera, mi hanno detto che dovevo essere sull’aereo alle 10 del mattino del giorno dopo.
Solo con una valigetta. Ho dovuto lasciare là quasi tutte le mie cose. Le suore hanno detto che un missionario mi porterà il resto un giorno. Ma perché? Per accumulare qui? Penso che possano fare un uso migliore del mio le mie cose laggiù. E i ricordi? Sono nella mia testa e nel mio cuore».
Si è ritirata in Belgio, ma non molla il Congo. «Io attualmente sto ancora lavorando su un progetto finale. Voglio ancora portarlo a termine» confessa caparbiamente.
Come ben sapete, Suor Lucie non riesce a stare ferma.