BS Gennaio
2023

RAGAZZI SOLI

ANGELO FERRARI (FOTOGRAFIE DI ESTER NEGRO)

Jordy che voleva lasciare la strada

Una partita a pallone, un sogno ed un tetto di lamiere.
E la speranza di una vita migliore.

Jordy era un ragazzino di strada di Pointe Noire. L’ho conosciuto durante il mio lungo soggiorno nella Repubblica del Congo.

Il 25 maggio 2018 è il giorno, nel mondo, dedicato all’Africa. Avrei potuto raccontare delle enormi ricchezze del continente, depredate dai bulimici del potere e del denaro, i dittatori irremovibili di numerosi stati africani. Avrei potuto raccontare della sanità che non funziona, dell’educazione e della scuola privilegi per pochi. Delle malattie, della povertà, dell’assenza di Stato e governance. Della corruzione. Ci penserà sicuramente qualcun altro.

Io, invece, ho deciso di raccontare la storia di questo ragazzino di strada, dei suoi sogni che, poi, sono i sogni di centinaia di migliaia di bambini e bambine africane, a cui è negato il diritto di esistere, nemmeno sognare un futuro possibile, ma solo vivere affinché si arrivi a sera vivi.

Una partita a pallone sulla riva dell’oceano

Le domeniche pomeriggio, sulla riva dell’oceano Atlantico, sulla CÔte Sauvage, insieme ad altri amici organizzavamo delle partite di calcio i cui protagonisti erano proprio alcuni ragazzini di strada di Pointe Noire. In occasione di una di quelle partite ho conosciuto Jordy. Nell’intervallo tra un tempo e l’altro mi ha raccontato la sua storia. Di essere scappato da Kinshasa, la capitale dell’altro Congo, perché i suoi genitori non riuscivano a mantenerlo e il padre acquisito lo maltrattava. È stato, persino, accusato di stregoneria. Di aver attraversato il fiume con mezzi di fortuna. Di essere sbarcato su questa sponda a Brazzaville e con il treno fino a Pointe Noire.

Una scelta ponderata, perché questa è la capitale economica del paese. Brazzaville, la capitale politica, offre poco anche ai bambini di strada. Così abbiamo fatto amicizia, una lunga amicizia. Mi ha raccontato della mamma che “non c’è più” e non ha potuto salutarla per l’ultima volta. Forse qualcuno, io non riesco a farlo, gli racconterà che lei ora lo guarda da lassù. Non capisco, però, come ha fatto a sapere che la mamma non c’è più. Pointe Noire non è la sua città, il suo villaggio è a centinaia di chilometri, addirittura in un altro Stato. Eppure l’Africa è così. Jordy, tuttavia, non si scoraggia.

Crede, ne è convinto, che un giorno tornerà al suo villaggio non più da paria e bambino di strada, ma da adulto con un mestiere, capace di progettare il futuro. Me lo ripete spesso, perché il suo sogno è avere un tetto sopra la testa e andare a scuola. Per ora si accontenta del tetto di lamiera delle bancarelle del mercato della città.

“Dormire sulla spiaggia è pericoloso”

“Dormire sulla spiaggia”, mi dice, “è troppo rischioso. Almeno al mercato se piove posso ripararmi”. E poi c’è la scuola. Capisce perfettamente che quello è il passaggio necessario per avere un futuro. Vorrei aiutarlo a realizzare i suoi sogni. E così mi metto in moto. Con l’aiuto di un missionario salesiano che lavora lì, padre Valentino, cerchiamo di introdurlo al foyer degli altri ragazzi di strada, costruito dal missionario. Qui tutti hanno un tetto, da mangiare due volte al giorno e, soprattutto, tutti o vanno a scuola o frequentano le scuole professionali per imparare un mestiere. A Jordy piace.

I soldi sulla strada battuta dai bianchi

Dopo la diffidenza iniziale, ora lo frequenta tutte le domeniche. Padre Valentino vuole capire se riuscirà ad adattarsi, a seguire le regole di una comunità. Altra cosa è la strada. Tutto viene vissuto istante dopo istante. Jordy continua a “battere” le vie più frequentate dai bianchi. Sa perfettamente che lì girano i soldi ed è più facile finire la giornata al mercato con la pancia piena.

Solo il sabato, Jordy migra nelle vie delle discoteche frequentate da bianchi in cerca di una compagna nera. Sa perfettamente che quando sono un po’ bevuti, i bianchi, e in compagnia di una ragazza nera, sganciano più facilmente pur di disfarsi dei mocciosi che gli ronzano intorno. Ma in Jordy, ormai, si è insinuato il desiderio, la voglia, di frequentare quella casa di ragazzi che hanno lasciato la strada per costruirsi un futuro. Sempre più spesso mi chiede quando accadrà. Non voglio deluderlo. Ho fatto una promessa a lui e a me stesso. E il giorno arriva.

Padre Valentino, una sera, senza troppi giri di parole, mi dice che Jordy può lasciare la strada ed entrare nel foyer des enfants de la route. Basta, bisogna solo dirlo a lui. Ci diamo appuntamento alla Citronelle, pasticceria alla moda sulla via principale, la Charles de Gaulle. Jordy arriva, non dice una parola, si abbuffa di pasticcini e, ben sazio, indica la porta, la strada.

Di notte, l’angolo di fronte alla pasticceria, diventa un ristorante per bambini di strada, ubriaconi dell’ultima ora e donne perdute. Il suo mondo.

Domani al foyer

Il traffico della Charles de Gaulle si smorza d’improvviso. Jordy mi prende la mano, non lo aveva mai fatto. Gli racconto che già l’indomani potremmo andare al foyer. Non dice una parola. Un semplice cenno del capo e un sorriso grande così. Gli dico di trovarsi l’indomani davanti al cancello di casa mia intorno alle 10 e gli faccio solo una raccomandazione: questa sera non andare a battere le vie delle discoteche. Non so perché glielo dico. Sono solo contento che domani potrà incominciare a costruirsi un futuro, per davvero.

L’indomani Jordy non si presenta. Aspetto, ma di lui nemmeno l’ombra. Comincio a cercarlo. Sguinzaglio gli altri ragazzini di strada. Ma niente. Svanito nel nulla. Mi rassegno. Spesso capita che preferiscano la strada a un luogo sicuro. Torno a casa un po’ deluso. Verso sera mi chiama il guardiano e mi dice che ci sono dei ragazzini che vogliono parlare solo con me. Sono di poche parole: “Jordy è morto”.

Una tomba scavata di nascosto

Indago, voglio capire che cosa è successo. Sabato notte stava girovagando davanti alle discoteche della città. Ormai notte, forse mattina, insieme a un altro ragazzo ha deciso di rannicchiarsi in una rientranza di un marciapiede per dormire, proprio davanti a una discoteca. Un tizio, ubriaco e strafatto, occidentale bianco, insieme alla donna raccattata in un night, ha messo in moto il suo suv. Troppo preso dalla venere nera è partito passando sopra Jordy. Mi hanno detto che è morto quasi subito e i compagni di strada, senza far troppo rumore, lo hanno sepolto da qualche parte, in fretta e senza cerimonie, proprio come si addice a un ragazzino di strada senza storia e senza nome.

Anche se è morto ha vissuto e ha provato fino all’ultimo a realizzare il suo sogno. Jordy è stato ed è nel mio cuore, e lo sarà per sempre, ora è anche nel vostro cuore perché avete letto e conosciuto la sua storia. Ecco perché questo articolo lo dedico a Jordy e ai tanti bambini e bambine, senza nome e storia, che popolano le strade delle metropoli africane.             

REPUBBLICA DEL CONGO, L’INFERNO DEGLI ULTIMI

«Papà capo è diventato il mio soprannome. Anche se vieni per soli dieci minuti, noi siamo felici, sei l’unica persona che ci vuole bene» dice don Valentino Favaro, salesiano.

Bambini di strada presi a bastonate o uccisi. Detenuti lasciati al loro destino in condizioni disumane. Il coronavirus nella Repubblica del Congo ha cominciato a fare le sue vittime, anche se indirettamente.
Nel Paese, ex colonia francese, sono stati pesanti gli effetti della pandemia soprattutto sulla popolazione più fragile e denutrita.

La Ville e la Cité

Tra gli ultimi degli ultimi ci sono i detenuti e i bambini di strada. Gli enfants de la rue sono praticamente scomparsi dalle strade delle grandi città africane. Nella Repubblica del Congo il fenomeno è molto rivelante, in particolare nella capitale economica del Paese, Pointe Noire. Una città che sfiora il milione di abitanti dove sono a decine i ragazzini senza un tetto che vagano senza meta per le strade della Ville. Molti di questi arrivano dalla vicina Repubblica Democratica del Congo, dove il fenomeno è ancora più marcato. Pointe Noire è una città dove si addensano quasi tutte le multinazionali del petrolio e la divisione tra la Cité — la parte più povera della città, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione — e la Ville — la parte più ricca e abitata soprattutto dagli espatriati impiegati nell’industria del petrolio è ben marcato. Le condizioni di vita nella Cité sono precarie e i servizi, corrente elettrica e acqua potabile, non sono fruibili da tutti. Molte abitazioni non hanno l’acqua corrente. In questa città ci ho vissuto a lungo e ricordo un solo episodio, che mi pare significativo, per capire che cosa vuol dire vivere in quella parte della città. Era il 2010, per ragioni che non si sono mai capite la fornitura elettrica si è interrotta per 12 giorni in tutta Pointe Noire. Questo fatto ha causato un’epidemia di poliomielite che ha provocato più di 500 vittime in pochi giorni e centinaia di contagiati. L’epicentro è stato proprio nella Cité. La Ville si è salvata perché le abitazioni sono tutte fornite di generatori di corrente. Erano dieci anni che nel Paese non si registrava un caso di poliomielite.

Gli enfants de la rue

I ragazzi di strada si addensano nelle vie della Ville, ma ora sono spariti, conseguenza delle misure di contenimento dell’epidemia messe in atto dal governo. Ma dove sono finiti? Nella città vive e lavora, da lunghi anni, padre Valentino Favaro, missionario salesiano, che si occupa proprio dei ragazzi di strada. «Qui da noi — mi spiega padre Valentino — le persone più toccate e sensibili sono gli enfants de la rue e i detenuti. Gli ultimi degli ultimi. Sono le prime vittime di questo male oscuro, imprevedibile, che ha messo in ginocchio società molto più organizzate di quella in cui mi trovo». La vita di questi ragazzi si è fatta ancora più dura in questi momenti di restrizioni per far fronte all’epidemia. «Stanno vivendo un tempo durissimo: cacciati da tutti, bastonati dalla polizia che tira su di loro come sui polli, gettati poi in una fossa, come i loro amici banditelli, i bebé-noirs, ragazzi tra i 17 e i 20 anni che seminano terrore e paura nei quartieri. E la polizia spara e se vuoi recuperare il corpo devi pagare il costo delle pallottole sparate per uccidere». Eppure padre Valentino, un ottantunenne che non si dà per vinto, si occupa di loro da anni, rappresentando l’ultima speranza per decine di ragazzi che altrimenti non avrebbero proprio nulla, soprattutto in questo periodo. «Noi salesiani — racconta il missionario — abbiamo aperto due foyer per questi ragazzi: una sessantina saranno ospitati giorno e notte per almeno due mesi. L’impegno è importante: vitto, vestiti, materassi, lenzuola, medicinali, personale per il giorno e per la notte. Un organismo francese, il Samu Social, ci aiuta molto, ma tutta l’organizzazione è nelle nostre mani». Insomma, uno sforzo imponente.

Il carcere di Pointe Noire

Lo scoramento non appartiene al carattere di padre Valentino, tanto che prosegue anche la sua attività nel carcere della città. I detenuti sono totalmente dimenticati dalle autorità. Valentino non ha ancora ricevuto il lasciapassare dalle autorità per il suo andirivieni con il carcere. Ma non rinuncia ad andarci. «I detenuti sono contenti anche solo per il fatto che li vado a trovare. “Papà capo” è diventato il mio soprannome. Anche se vieni per soli dieci minuti, noi siamo felici, sei l’unica persona che ci vuole bene. Questo mi dicono». Il missionario salesiano, che è anche cappellano del carcere, si è impegnato a portar loro ogni giorno anche qualcosa da mangiare. «Faccio l’impossibile per preparare per loro una specie di colazione — riso, spaghetti, latte e altro —, per loro è una specie di miracolo. La prigione dovrebbe fornire un altro pasto al giorno, ma spesso la direzione non è in grado di farlo, allora la mia colazione diventa l’unico mezzo di sussistenza. Riesco anche a portare dei medicinali, specie contro la malaria. La prigione ha un infermiere, ma non ha — o non fornisce — nemmeno una pastiglia per il mal di testa, figuriamoci i medicinali per la malaria».

La situazione nella prigione è particolarmente drammatica. Il carcere di Pointe Noire è stato costruito negli anni Cinquanta del Novecento dalla Francia, ex potenza coloniale, ed è stato pensato per ospitare 75 persone: ora in quelle quattro mura sono rinchiusi quasi 550 detenuti. «Dormono per terra e sul fianco, non c’è nemmeno lo spazio per poter dormire di schiena o di pancia. Ma il numero aumenta. Ci sono detenuti che aspettano anni prima di vedere un procuratore della Repubblica; se non hanno 2000 franchi Cfa (3 euro) per chiedere udienza, il loro caso rimane nel cassetto. Sugli ultimi della terra ora si sta abbattendo anche questa malattia. Che cosa accadrà? Non lo so, ma posso prevederlo, visto che non si fa nulla in previsione di un probabile contagio. Insomma non so immaginare che cosa diventerà la vita qui da noi se scoppiasse l’epidemia».

doc00670220221125084841_001
I fioretti di Don Bosco

Le mele del Principe

5_RM Maria M and Nick_original
Il messaggio del Rettor Maggiore

Quel giovane mi disse: “la mia passione è Cristo”

8_Oratorio 2
invitato

«Quel giorno Maria Ausiliatrice ci salvò»

10_2107P_MG_5231
Don Bosco nel Mondo

Tra mezzaluna e croce: Don Bosco a Istanbul

Talented,Husband,Treting,His,Family,With,Yummy,Pancakes,In,The
Tempo dello Spirito

Il kit della felicità in 12 strumenti

16_Inspector_Angel_Prado
In Prima Linea

Don Bosco nel cuore dell’America

18_Akash Bashir
I nostri eroi

Akash Bashir Un giovane pakistano martire di Cristo

22_23_La strenna
Poster

2023 STRENNA del Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime

24_Dorotea de Chopitea
FMA

La nostra mamma di Barcellona

The,Children,Run,Into,Their,Mother's,Arms,After,Finishing,Their
Anche questa è missione

La storia di D. al Centro Diurno

30_178A1113
Ragazzi soli

Jordy che voleva lasciare la strada

35_shutterstock_2127981953
Come Don Bosco

PEDAGOGIA CONTROCORRENTE 1 - Meglio felici che famosi

A,Woman,Tries,To,Hold,On,To,Her,Red,Umbrella
La linea d’ombra

Spettinati dalla vita

38_Immagine1390554
La storia sconosciuta di Don Bosco

«Sacra Real Maestà»

40_Suor Meozzi
I nostri santi

Il Santo del mese - La Venerabile Laura Meozzi

41_09ee5e909b16c22bfb7970e5779f5be9_L
Il loro ricordo è benedizione

Don Filiberto Rodríguez Martín

42_RELAX gennaio 2023 Schema
Il crucipuzzle

SCOPRENDO DON BOSCO

43_L'eremita
La buonanotte

L’eremita e l’orcio dell’olio