LA LINEA D'OMBRA

ALESSANDRA MASTRODONATO

Interconnessi... ma distanti

È innegabile che le nuove tecnologie digitali in molti casi ci facilitano la vita e ci permettono di superare le distanze, siamo proprio sicuri che una conversazione in chat possa sostituire una chiacchierata in presenza con un amico?

In un’intervista di qualche anno fa, un acuto osservatore della modernità come il sociologo Zygmunt Bauman ha efficacemente definito la realtà virtuale generata dalle tecnologie digitali come un “muro di vetro” al cui interno tendiamo sovente a rintanarci per sfuggire alla crescente complessità del mondo che ci circonda.
Il web ha, infatti, l’insolita capacità di semplificare tutto ciò che nella vita reale appare difficile: basta un click per aggiungere amici o cancellare contatti, i sentimenti e gli stati d’animo sono sintetizzabili in una emoticon, la fredda mediazione dello schermo consente di superare la timidezza ed il pudore e persino il tempo e lo spazio sono annullati dalla sincronia dei bit che ci permette di comunicare con chi abita dall’altra parte del globo. Una sorta di “comfort zone”, in cui possiamo scegliere chi essere, a quale community aderire, quali informazioni rendere pubbliche e quali tacere: in altre parole in cui ci sentiamo liberi di decidere che immagine dare della nostra identità, non prima di averla ritoccata e costruita ad hoc, nell’intento di renderla più attraente e desiderabile agli occhi degli altri ed ottenere, così, l’approvazione di chi più ci sta a cuore.
Ma se, in apparenza, le nuove tecnologie della comunicazione sembrano abbattere barriere e facilitare i rapporti, ciò non si traduce in automatico nella possibilità di instaurare un vero dialogo con chi si collega dall’altra parte dello schermo. Alle tante “interazioni” accumulate sui social non sempre corrispondono “relazioni” in carne ed ossa da coltivare nella quotidianità della vita offline. I contenuti, le emozioni e i pensieri “condivisi” sulle bacheche virtuali del cyberspazio, nella misura in cui hanno come destinatario generico e indifferenziato l’ondivago popolo della rete, non implicano necessariamente la ricerca di forme autentiche di “condivisione” che si nutrano dell’incontro con l’Altro e con la sua unicità. E assai spesso, dietro la parvenza di una socialità piena e movimentata, si nascondono nuove solitudini ben più difficili da riconoscere e far emergere in superficie.
In un recente passato erano soprattutto gli adolescenti a cercare rifugio nella rete, nella convinzione che gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie digitali potessero rispondere meglio al loro bisogno di comunicare e al loro desiderio di essere “riconosciuti” dagli altri. Ma oggi – anche in connessione con il particolare momento storico che stiamo vivendo, che ha indubbiamente indotto un’accelerazione nel ricorso alla comunicazione virtuale tanto nell’ambito dei rapporti interpersonali quanto nel mondo del lavoro, nella fruizione della cultura e persino nell’organizzazione del tempo libero – sono sempre più anche i giovani adulti a subire il fascino della dimensione online, sino al punto di arrivare ad invertire il rapporto tra reale e virtuale e perdere di vista il contatto con il mondo esterno, spesso percepito come meno accattivante e gratificante rispetto alle tante possibilità offerte dal web. E non di rado fanno a gara con i ragazzi più giovani nel divenire maestri di “scorrimento verticale” e nell’adattare finanche il proprio modo di pensare alla semplicità della comunicazione in rete, abdicando inconsapevolmente a modalità più critiche di interazione e interpretazione della complessità del reale.
Ma se è innegabile che le nuove tecnologie digitali in molti casi ci facilitano la vita e ci permettono di superare le distanze, siamo proprio sicuri che una conversazione in chat possa sostituire una chiacchierata vis-à-vis con un amico, che l’immersione nella realtà virtuale riesca a generare in noi emozioni analoghe a quelle che sperimentiamo nella vita reale e che la maggiore “interconnessione” resa possibile dalla rete sia in grado di produrre autentica “prossimità” tra gli individui?

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Perché non faccio caso a dove sto,
anzi lo dò per scontato,
perdendo quello che ho
davanti agli occhi e sempre più spesso
vivo la realtà come se fosse soltanto una replica.
Non conta altro più di quello che clicco,
da quanto non mi vedi con il collo dritto?
Mi muovo in ogni parte del mondo
senza viaggiare, sai
che non ho mai preso neanche un aereo…
Nel preferire il vizio alla virtù
rappresento un modello perfetto di schiavitù,
se si diventa già dipendenti in tenera età
certo che poi dopo non ci si libera…
Quando mi parli vedo proprio uno specchio,
nella tua stessa condizione anch’io mi trovo
e mi rifletto
in tutto un elenco di assuefazioni
venute a portarci via gli anni migliori.
Sei hai bisogno di aiuto mi suoni,
ho chiuso gli occhi e acceso un mutuo
per abitare in questo buco;
la luce filtra dalle grate
e i grilli fuori cantano
il disco dell’estate…
Non aspettavo un ospite,
io vivo nel disordine,
non ho più mosso un dito
a parte questo che sta sullo schermo.
Sono campione nazionale
di scorrimento verticale
e in un secondo arrivo al mare,
ma in un cristallo liquido
non ci si può tuffare…

(Samuele Bersani, Scorrimento verticale, 2020)

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