LE CASE DI DON BOSCO
ANTONIO CARBONE
Il gran cuore dei Salesiani a Foggia
Il loro impegno ha dato vita ad un fermento di impegno sociale e politico ancora oggi presente sul territorio cittadino.
La parrocchia del “Sacro Cuore” di Foggia fu eretta nel 1956. Il primo parroco fu il sacerdote diocesano don Mario Checchia. Si ricorda di lui simpaticamente il cammino con il campanello in mano attraverso le strade della Parrocchia per richiamare i ragazzi alla santa Messa e alla catechesi. Don Mario era un’anima… salesiana: tappezzò la casa con immagini di don Bosco e Domenico Savio, ma soprattutto attese con gioia l’arrivo dei salesiani.
I salesiani arrivarono a Foggia nel 1968. Il 1° ottobre, veniva nominato il primo parroco salesiano della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Foggia, don Alfonso Ruocco. I primi sacerdoti salesiani di tanti anni fa trovarono un quartiere periferico povero e isolato dalle dinamiche della città, ma abitato da persone che con dignità volevano superare questa condizione di marginalità. Con la passione educativa di don Bosco e la generosità, si misero a servizio dei giovani del territorio e delle loro famiglie: se oggi si può parlare di progressi nel riscatto sociale lo si deve all’impegno dei salesiani e dei tanti laici che si sono succeduti in questi anni.
I primi
I primi salesiani sono stati don Alfonso Ruocco, don Angelo De Vito, don Lucio Mastrilli, don Pio Del Pezzo, i coadiutori salesiani Nino Punzi e Gabriele Panunzio.
I primi salesiani riuscirono a coinvolgere un folto numero di giovani organizzando feste, tornei di pallavolo in serie C nazionale, scuola di foto e traforo, campi scuola, teatro e gite.
Dal 1973 i salesiani presenti sono: don Nicola Palmisano, don Gerardo Russo, don Michele Mongello ai quali si aggiunsero don Michele de Paolis e don Giorgio Pratesi che intrapresero iniziative a carattere fortemente sociale. In una parrocchia che presentava già gli elementi caratteristici della missione nello stile di don Bosco: ambiente di periferia, popolare, di povertà, di emarginazione con famiglie numerose e quindi con un’alta percentuale di giovani.
Memorabili sono state le iniziative di catechesi sui documenti conciliari della Chiesa, la scuola popolare, la formazione sociale e politica dei giovani, l’accoglienza nell’abitazione dei salesiani di nuclei familiari senza casa e la condivisione con i poveri. Il loro impegno ha dato vita ad un fermento di impegno sociale e politico ancora oggi presente sul territorio cittadino.
Nel 1978 da una significativa esperienza di Chiesa fatta nello spirito di don Bosco, nasce il Villaggio “Emmaus” a pochi chilometri dalla casa salesiana. Una “Piccola Comunità” di sacerdoti salesiani ed un gruppo di giovani della parrocchia Sacro Cuore, maturano la scelta di una vita comunitaria condivisa al servizio di giovani in difficoltà, tossicodipendenti, alcolizzati offrendo loro un’esperienza di vita alternativa.
Dall’anno 1984, si riprende da un lato una vita parrocchiale tipica, fatta di evangelizzazione, liturgia e carità, mentre i salesiani e laici che seguono l’associazione Emmaus, danno vita ad una nuova esperienza di “piccola comunità” alla periferia di Foggia.
Nella parrocchia-oratorio nascono i gruppi Amici Domenico Savio (ADS) ed un’intensa vita feriale oratoriana accompagnata da teatro, musica e campiscuola per la preparazione dei futuri animatori. Si lavora molto nelle scuole per far conoscere la figura di don Bosco. I gruppi di preghiera mariana e vari movimenti ecclesiali danno un impulso nuovo e rigenerativo.
Negli anni dal 1990 viene accolto in parrocchia il Rinnovamento nello Spirito. Prende vigore la Famiglia Salesiana: nel 1995 con l’Associazione Devoti Maria Ausiliatrice (ADMA), nel 1996 con l’Associazione dei Salesiani Cooperatori (ASC). L’oratorio vive i vari cambiamenti di incaricato e quindi subisce diverse impostazioni. Inizia il post cresima con il gruppo “Amico del povero”. Continuano i gruppi di formazione, non solo per giovani animatori ma anche per un gruppo di genitori. Nasce il Consiglio della Comunità Educativa Pastorale (CEP). Si cerca di creare maggiore comunicazione tra Liturgia, Catechesi e Carità (aree pastorali della Parrocchia). All’oratorio continua il lavoro di formazione dei piccoli e dei giovani.
Piccoli passi grandi sogni
Gli anni dal 2000 sono caratterizzati da un rinnovamento in ogni settore con attenzione alle origini e alla storia, con una maggiore apertura al territorio, grazie anche all’associazione “Sacro Cuore aps” nata nel 2007 e una fattiva collaborazione in tutti i settori della vita ecclesiale locale. Spazi angusti della struttura e la mancanza di sale, portano nel 2006, dopo anni di lavori e grazie a tante famiglie, alla costruzione e inaugurazione della nuova struttura dell’oratorio: aule, sale multimediali, sala giochi, cappella. Nel 2017, attraverso una riprogettazione degli spazi all’aperto, si sono realizzati dei campi da gioco: calcio e calcetto in erba sintetica, volley, basket e calcetto per rendere più attraente l’oratorio e ampliare le offerte sportive per i ragazzi e le ragazze.
Nel 2021 nasce la Comunità per minori “Casa Gio”. Mossi dal desiderio di accogliere, educare e avere cura, secondo i principi educativi di don Bosco, diventa realtà ai salesiani di Foggia, una Comunità Famiglia in grado di accogliere 10 minori in difficoltà. Don Bosco si accorse che “per molti ragazzi tornerebbe inutile ogni fatica se loro non si dà un posto dove alloggiare”. La Comunità è gestita dall’associazione salesiana “Piccoli Passi Grandi Sogni aps”. Nel quartiere Candelaro, con la Parrocchia, con l’oratorio, con la comunità per minori e l’associazione “Sacro Cuore”; salesiani e laici negli ultimi anni con sacrificio e passione educativa hanno potenziato i servizi a favore dei ragazzi più bisognosi e delle loro famiglie.
Ultima scommessa educativa la ristrutturazione di un “open space”, di sale per laboratori per i ragazzi del quartiere e uno spazio di semiautononia per i giovani che terminano la permanenza in comunità e sono ancora bisognosi di accoglienza residenziale.
La sinergia con la diocesi, con le istituzioni civili, le scuole, le associazioni del territorio impegnate nella lotta alla criminalità foggiana attraverso l’educazione delle nuove generazioni fa sì che insieme ci si impegni a formare buoni cristiani e onesti cittadini. In un quartiere e una città carente di opportunità educative si cerca di dare di più a chi dalla vita ha avuto di meno.
Dal diario di un educatore –
Comunità alloggio “Casa Gio”
Avete mai pensato al fatto che in qualsiasi parte del mondo, in questo momento, c’è qualcuno che sta aspettando l’arrivo di qualcun’altro?
Era Giovedì 26 Maggio 2022 ci ha contattato il Comune di Brindisi, dicendoci di presentarci il giorno dopo in sede, più precisamente al CARA, il centro accoglienza, per incontrare i due minori stranieri che sarebbero stati i nostri primi due ospiti. Per quanto ci si possa preparare, non ci si sente mai realmente pronti, quante domande ci siamo fatti nella riunione d’équipe precedente all’ingresso e nel viaggio verso di loro e quante ce ne facciamo anche oggi e chissà quante ancora ce ne porremo per ogni nuovo ragazzo che arriverà. Come si chiameranno? Saranno spaventati? Preoccupati? Rispetteranno le regole del vivere in comunità? Parleranno la nostra lingua? Che cosa ci aspetta a Brindisi?
“Numero 123 e 131” ha urlato un militare, sembrava stessimo giocando a ruba bandiera e invece ecco lì, due ragazzini spaventati, ci dicono i loro nomi, entrano con noi in auto, guardano fuori dal finestrino, uno da un lato e l’altro dal lato opposto, e poi un lungo silenzio fino all’arrivo a Foggia. Che cosa staranno pensando? Se la loro terra li ha costretti ad andare via, questa nuova terra “dei sogni”, che li ha spinti ad un viaggio così duro, sarà pronta ad ospitarli? Riuscirà a garantirgli ciò che desiderano per il loro avvenire? Forse stavano pensando a questo?
E così il 27 Maggio 2022, CasaGio ha avuto il grandissimo dono di poter ospitare, non uno, ma ben due ragazzi per la prima volta. Ad accoglierci in casa-famiglia a Foggia abbiamo trovato don Antonio e altri operatori, la tensione sembrava sciogliersi un po’ alla volta, ma mai completamente fino a quando non sono riusciti a comunicare con noi senza ostacoli grazie ad una mediatrice linguistica.
Ibrahima parla francese, Aliou parla solo il Malinga, la lingua della sua terra, così Ibrahima traduce per noi. Ibrahima ed Aliou vengono dalla Guinea, hanno 17 anni, ci hanno raccontato la loro storia, della loro famiglia, ci hanno raccontato del loro viaggio verso l’Italia durato per entrambi tra i due e i tre anni. Di quanto sia stato duro il viaggio via terra, “ci siamo sentiti come pecore” ha detto Ibrahima, e ancora più duro quello per mare, su un’imbarcazione in cui erano circa 470 persone, su quella stessa imbarcazione dove dopo tanti sacrifici Ibra e Aliou si sono incontrati per la prima volta. Ci hanno raccontato dello sbarco e delle tappe fatte in Italia prima di raggiungere il CARA, della quarantena e dei controlli medici e militari a cui sono stati sottoposti. Ci hanno raccontato di come si sono sentiti vuoti e spaesati il giorno dello smistamento, perché non sapevano a che cosa sarebbero andati incontro, chi fossero le persone che erano andate a prenderli, sconosciuti che li avrebbero portati chissà dove; hanno espresso la necessità di comunicare con le loro famiglie o amici, per dire che erano in Italia e soprattutto che erano vivi. Aliou non sentiva nessuno da più di due mesi.
È stato un incontro duro, pieno di domande e dubbi espressi nei nostri confronti, gli è stato spiegato dove si trovano e il perché, avevano il timore di sentirsi reclusi, ancora, ma hanno poi capito che tutto ciò che faremo con loro e per loro ha come unica finalità l’inserimento nella società, una formazione alla vita che affronteranno poi in autonomia. Ci hanno parlato del loro desiderio di parlare la nostra lingua fluentemente in sei mesi, di andare a scuola e di trovare un lavoro, di ottenere i documenti per vivere in regola nel nostro paese, la voglia di visitare l’Italia. Ibrahima vorrebbe diventare dottore, Aliou non ha ben chiaro ancora che cosa vorrà essere, per il momento per lui l’importante è che gli sia garantito un futuro migliore.
Per tanti la nostra, sarà una semplice casa di periferia, per chi la vive però è posizionata proprio al CENTRO, al centro del cuore.
CasaGio guarda al futuro, ad un futuro lontano ricco di desideri, ma anche ad un futuro più vicino, quello che coinvolge ogni ragazzo che è stato o che sarà accolto.
CasaGio è una casa con vista don Bosco, sul cuore.