BS Ottobre
2021

DON BOSCO NEL MONDO

MARCELLA ORSINI

I Salesiani in Pakistan

Perché i giovani possano costruirsi un vero futuro. La presenza dei Salesiani di don Bosco in Pakistan risale a 22 anni fa ed è oggi una presenza in continua crescita.

La Delegazione ispettoriale del Pakistan appartiene all’Ispettoria Filippine Sud con la quale mantiene un solido vin-colo per quanto concerne la formazione dei futuri Salesiani di don Bosco e la cura delle vocazioni.
La Delegazione è costituita dalle due piccole comunità di Quetta e di Lahore, ognuna è animata soltanto da due salesiani, mentre gli altri membri delle comunità sono fuori dal Paese, impegnati nella formazione e nello studio. La missione dei pochi salesiani presenti si svolge a Lahore attraverso un istituto tecnico, una scuola elementare, un con-vitto, laboratori e corsi di formazione per le ragazze e un centro giovanile, mentre a Quetta attraverso una scuola e due convitti, uno maschile e uno femminile.
Dal 2018 è Delegato del Pakistan don Gabriel de Jesús Cruz Trejo, lo abbiamo incontrato e ci ha spiegato quale sia il fulcro della sua missione in un paese tanto distante e differente dal suo di origine, il Messico. Don Gabriel afferma che “Il carisma salesiano nasce dalla necessità di servire i giovani più bisognosi del mondo, affinché, attraverso la presenza della vita consacrata salesiana, possano percepire l’amore di Dio e migliorare le loro condizioni di vita”. Questa è la genesi vocazionale di ogni azione per la crescita di una presenza missionaria rivolta ai bambini e ai gio-vani pakistani, cristiani, ma non solo.

Pace e accoglienza

I servizi educativi dei salesiani per i bambini e i giovani che versano in difficili condizioni economiche e che appar-tengono a nuclei familiari con limitato accesso a un reddito sicuro sono rivolti sia ai ragazzi cristiani, cattolici e di altre confessioni cristiane sia ai ragazzi musulmani, portando nella vita di tutti i giorni una pratica di pace e di acco-glienza reciproca.
Don Gabriel nel nostro incontro ha sollevato la tematica della difficoltà di operare in contesti multiculturali e inter-religiosi, tuttavia rassicura che “l’interculturalità non è mai stata un ostacolo per la Chiesa cattolica, di per sé uni-versale, né per la nostra Congregazione”.
La comunità stessa dei salesiani in Pakistan è internazionale e, in un Paese per il 96% musulmano, ciò costituisce un punto di forza per riflettere “il vero senso – cattolico – della nostra missione tra i giovani, in modo che il messaggio di rispetto e d’inclusione raggiunga tutti. Il dialogo interreligioso ha più impatto quando le parole diventano atti di servizio, di Testimonianza di vita, quando si ama e educa con zelo. I nostri fratelli musulmani se ne rendono conto e apprezzano il nostro lavoro. E ci rispettano”.
Il Pakistan è una repubblica islamica, dunque il contesto sociopolitico di riferimento è fortemente permea­to dalla religione e dalla religiosità, nell’attuazione della Shari’ah, la Legge di Dio. Sarebbe insostenibile operare senza tenere presente il legame tra cammino stabilito da Dio e scelte e comportamenti sia individuali sia collettivi. Comprendere e imparare a gestire l’interreligiosità in Pakistan, così come avviene per i Figli di Don Bosco, vuol dire esercitare una pastorale particolarmente dialogica e sostenibile.

Per una nuova generazione

Per quanto riguarda il lavoro con le bambine e le ragazze, particolare attenzione è rivolta alle azioni finalizzate alla riduzione dell’abbandono scolastico per occuparsi della famiglia e alla diffusione dei matrimoni precoci e forzati, molto comuni e praticati all’interno delle comunità etniche dei villaggi, ma anche nei centri urbani, nella convinzione che costituiscano una soluzione per la povertà economica, a discapito della tutela dei diritti umani delle bambine e delle ragazze.
Per circa 50 ragazze ogni anno, cattoliche, cristiane e musulmane, i salesiani in Pakistan realizzano percorsi di pro-mozione sociale, programmi di formazione ai diritti con l’obiettivo di creare e diffondere tra tutte e tutti i giovani consapevolezza e autodeterminazione e corsi per l’acquisizione di conoscenze e competenze orientate a imparare un mestiere finalizzato all’emancipazione dalla tirannia economica esercitata dagli uomini adulti.
In particolare, a Lahore, nel Punjab, al confine con l’India, una delle più grandi metropoli del mondo, sono presenti bisogni urgenti soprattutto per le ragazze e i ragazzi privi di accesso all’istruzione e a una formazione professionale di qualità. Qui, la comunità salesiana, cui appartiene il Delegato don Gabriel, opera soprattutto in quest’ultimo ambito, al fine di creare una generazione di giovani preparati professionalmente e umanamente, dedicati allo sviluppo del Paese.
Il Pakistan non è un Paese pacifico. Ci sono alcuni nodi problematici, come l’instabilità politica, il terrorismo, il basso reddito delle famiglie, le tensioni interne come quella tra sciiti e sunniti. Rimane irrisolta (e anzi, si fa sempre più acuta) la questione del Kashmir, la regione di confine contesa con l’India. Inoltre, il vicino Afghanistan porta flussi incessanti di profughi, oltreché infiltrazioni terroristiche.
A Lahore, nel quartiere di Youhanabad, sorge la casa salesiana. Qui sono concentrati molti cristiani, un’esigua minoranza considerata di minore importanza e con poche opportunità d’inserimento nella società. La maggioranza dei cristiani discende dagli Hindu, la popolazione ritenuta di livello inferiore, quella rimasta asservita al Regno Unito anche durante la conquista dell’Indipendenza nel 1947 e che ancora oggi rappresenta la parte economicamente più debole dell’intera popolazione pakistana.

«Un mestiere per il mio futuro»

Le scuole in Pakistan sono molte, ma di bassa qualità. Soprattutto, sono molto rare le scuole che offrono una forma-zione professionale orientata all’inserimento lavorativo e che in più attuino programmi formativi per lo sviluppo integrale della persona in tutte le sue dimensioni e facoltà.
In questa prospettiva, con la Fondazione Don Bosco nel Mondo i Salesiani della Delegazione del Pakistan promuovono il progetto “Un mestiere per il mio futuro” presso il Don Bosco Technical and Youth Centre di Lahore. L’Istituto rap-presenta un’eccellenza a livello nazionale, è al servizio di molti giovani e gode di un notevole prestigio, tuttavia, l’impegno per la sua sostenibilità richiede interventi di supporto mirato, attraverso specifici progetti.
Obiettivo generale del progetto “Un mestiere per il mio futuro” è l’inclusione lavorativa e sociale dei ragazzi cristiani e musulmani in difficoltà e a rischio di marginalizzazione. Obiettivi specifici sono il potenziamento dei servizi educativi per una formazione professionale di qualità e il consolidamento degli insegnamenti tecnici.
Ogni anno il Don Bosco Technical and Youth Centre di Lahore è frequentato da 150 ragazzi in situazione di povertà economica e che spesso vengono resi vulnerabili da alcuni pregiudizi, resistenti e discriminanti, legati all’appartenenza etnica e religiosa.
Il progetto mira a garantire la continuazione dei corsi di formazione professionale, sia di quelli triennali (DAE) sia di quelli annuali (per elettricisti, saldatori, tecnici della refrigerazione degli ambienti, idraulici, fabbri, falegnami e operatori al PC) sia di quelli brevi pomeridiani (per barbieri, estetiste e sarte). Non si tratta solo di garantire la sopravvivenza dei corsi, ma anche il potenziamento della loro qualità, attraverso la formazione degli insegnanti, l’acquisto dei beni e dei materiali di consumo e la sostituzione delle attrezzature obsolete. La continuazione dei corsi è la condizione essenziale per consentire lo sbocco lavorativo degli studenti e delle studentesse.
Molti di loro provengono da altre città e dai villaggi intorno a Lahore, ma hanno bisogno di una residenza per la frequenza, data la distanza dalle abitazioni di origine. Per questa finalità, accanto al Don Bosco Technical and Youth Centre sorge il convitto che ospita 150 ragazzi da sostenere nei bisogni primari di cibo, vestiario, alloggio e cure me-diche. Per i più bisognosi sono previste borse di studio e in molti casi capita anche di dare accoglienza ai ragazzi co-stretti dall’indigenza a uscire dal nucleo familiare, per trovare una sistemazione altrove. Vengono così accolti dai sa-lesiani a condizione che siano collaborativi e dimostrino impegno nell’apprendimento professionale.
Presso il Don Bosco Technical and Youth Centre tutto concorre al conseguimento di un intero progetto di vita che passa dalle competenze tecniche per consolidarsi in processi partecipati di responsabilizzazione e di creazione della fiducia in se stessi. Sulle orme di Bashir
Nel corso della pandemia di Covid-19 i ragazzi sono stati protagonisti di iniziative solidali e di prossimità alle fami-glie più bisognose, distribuendo kit alimentari e dispositivi di protezione individuale per contrastare la diffusione del virus all’interno della comunità del quartiere di Youhanabad.
La presenza salesiana a Lahore è fortemente segnata dalla testimonianza di Akash Bashir, exallievo del Don Bosco Technical e Youth Centre, morto martire il 15 Marzo del 2015 per impedire a un attentatore suicida di entrare nella chiesa di San Giovanni nel quartiere di Youhanabad piena di fedeli raccolti nella messa domenicale e commettere una strage. L’attentatore si fece esplodere causando la morte di venti persone, compresa quella del ragazzo il cui esempio rimane oggi a guida e modello per tante ragazze e ragazzi, ma per la crescita stessa della missione salesia-na in Pakistan.
Il Paese, pur non essendo in conflitto armato, richiede un particolare impegno in termini di riconciliazione e di riduzione delle discriminazioni, tuttavia, per utilizzare le parole di don Gabriel, “il futuro di don Bosco in Pakistan è promettente”, poiché sono le ragazze e i ragazzi pakistani stessi ad aver accolto il modello pedagogico salesiano con gioia e partecipazione e, animati anche dall’esempio di Akash Basir, desiderano costruire un presente e un futuro di speranza e di pace.


IL SESTO STATO PIÙ POPOLOSO DEL MONDO


Attualmente in Pakistan vivono 196 milioni di persone (ma alcune stime parlano anche di 199 milioni). Un nu-mero importante, che pone il paese al sesto posto nella lista dei paesi più popolosi del mondo. Il paese ha sempre vissuto la piaga della povertà, ma negli ultimi decenni il PIL (anche nominale) è cresciuto, facendo entrare il Pakistan nel novero dei trenta stati più ricchi del mondo.
Un paese molto giovane. Non solo il Pakistan ha un buon numero di abitanti, ma la loro età media è anche molto bassa. Secondo le stime della CIA, essa si attesta attorno a 23,4 anni.

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