NUOVI SALESIANI
SARAH LAPORTA
Guatemala
Incontro con Victor Manuel Barrios del Águila.
«Mi hanno convinto sorrisi e braccia aperte».
«Per curiosità, sono andato a vedere
la processione che avevano preparato
da una parrocchia salesiana alla scuola salesiana.
Ho visto quella gioia, quella vera allegria
e tantissime persone, soprattutto giovani,
e sono rimasto impressionato.»
Puoi presentarti?
Mi chiamo Víctor Manuel Barrios del Águila. Sono nato nella Città del Guatemala, capitale del Guatemala, un piccolo paese in Centroamerica. Sono felicemente Salesiano di don Bosco da sei anni, nei quali ho potuto vivere le esperienze più belle della mia vita, specialmente essendo fra i ragazzi.
Com’è la tua famiglia?
Vengo da una piccola famiglia composta da cinque persone. Mio padre è nato nell’Occidente del Guatemala, lavorando da bambino come contadino fra le piante di caffè. Poi è diventato avvocato. Lui è in paradiso da sette anni e sono sicuro che sempre intercede per me e la mia vocazione. Lui è morto quando ero in noviziato. Questo momento della mia vita, però, mi ha aiutato tantissimo a crescere come religioso, perché ho dovuto affidarmi e affidare mio padre totalmente alla volontà di Dio. Mia madre è nata nel sud del Guatemala, vicino al Pacifico, e ha sempre agito con responsabilità e dedizione in ogni cosa che ha fatto. Ho due fratelli. In realtà uno di loro è un cugino, ma mio padre si è preso cura di lui da quando era piccolo, prima ancora di sposare mia madre. Allora lui è per me il fratello maggiore. Adesso è sposato e ha tre bambini. L’altro mio fratello è più piccolo di me e ha appena finito gli studi universitari in ingegneria elettronica.
Com’è nata la tua vocazione?
Da sempre i miei genitori ci hanno trasmesso il dono della fede, e penso sia questo ciò che mi ha mosso internamente a pensare di diventare prete. Io non conoscevo i salesiani, avevo soltanto sentito parlare di loro. Ho conosciuto don Bosco grazie al film che mostra la sua vita. Sono rimasto colpito da quelle belle scene e ho cominciato a pensare che forse il Signore mi chiamava a diventare salesiano. In quegli anni, l’urna con le reliquie di don Bosco girava il mondo ed è arrivata anche in Guatemala. Più per curiosità, sono andato a vedere la processione che avevano preparato da una parrocchia salesiana alla scuola salesiana. Ho visto quella gioia, quella vera allegria e tantissime persone, soprattutto giovani, e sono rimasto impressionato. In quel momento, il Signore ha seminato il seme della vocazione salesiana nel mio cuore.
Come hai conosciuto i salesiani?
Nell’ultimo anno di scuola ho cominciato a parlare con un salesiano della mia vocazione. Per me è stato come la scoperta di un mondo nuovo, perché non sapevo niente dei salesiani. Questo salesiano era formatore e l’animatore vocazionale dell’Ispettoria di Centroamerica, così i primi salesiani che ho conosciuto sono stati i prenovizi e posnovizi con i loro formatori. Ricordo la prima volta che sono andato al posnoviziato per una convivenza con altri giovani con intenzione vocazionale. Non conoscevo nessuno, ma i salesiani mi hanno accolto con un sorriso e con le braccia aperte. Mi sentivo a casa.
Qual è il tuo compito attuale?
Attualmente ho finito gli studi del primo anno di Teologia all’Università Pontificia Salesiana, a Roma. Faccio parte della Comunità Salesiana Zeffirino Namuncurà, la quale accoglie tanti studenti di teologia da tutto il mondo. Mi trovo molto bene nella mia comunità, la quale è per me davvero arricchente perché posso avere una visione molto ampia della congregazione a livello mondiale grazie alla diversità culturale in cui mi sono trovato. Oltre a studiare, ho anche delle esperienze apostoliche che svolgo nell’Oratorio Don Bosco all’Aquila, una città a una centinaia di chilometri da Roma.
Qual è la storia dei salesiani in Guatemala?
Il Guatemala è stato l’ultimo paese del Centroamerica nel quale sono arrivati i salesiani, perché allora c’era un governo anticlericale. Il primo salesiano è arrivato nel 1929 a prendersi cura di una scuola che gestiva la diocesi. Tre anni dopo, i salesiani fondano una scuola propria nel punto più alto della Città del Guatemala, in una zona abbastanza popolare, vicina al capolinea dei mezzi pubblici e ai mercati. Nel 1935 i salesiani arrivano nel paese di San Pedro Carchá, al nord del Guatemala, una zona in cui abitano gli indigeni di etnia maya-qeqchí. Piano piano, la congregazione si è diffusa nel paese con altre parrocchie, scuole e oratori. L’ultima presenza salesiana in Guatemala è stata fondata nel 2012 nel Petén, una regione spesso attraversata da migliaia di migranti principalmente guatemaltechi, salvadoregni e honduregni, che cercano di arrivare negli Stati Uniti per avere una vita migliore. Tantissimi di questi migranti sono giovani.
Quali sono le opere più significative?
Attualmente il Guatemala ha otto presenze salesiane, delle quali cinque si trovano nella Città del Guatemala. Quasi tutte le presenze sono parrocchie in posti popolari, per cui hanno una visione sociale molto forte: cliniche, mense, educazione, catechesi, oratorio. Per la Chiesa in Guatemala ha molto valore la nostra presenza fra gli indigeni a San Pedro Carchá. I salesiani hanno imparato la lingua locale, celebrano in questa lingua, hanno collaborato alla traduzione della Bibbia e di tantissimi canti religiosi per animare le funzioni liturgiche. In Guatemala si trovano anche le case di formazione: prenoviziato, posnoviziato e teologato. Questi due ultimi ricevono anche confratelli in formazione iniziale da altre ispettorie. È bello sapere che le nuove generazioni di salesiani hanno un’esperienza in queste presenze significative.
Com’è il rapporto con la diocesi e con le altre chiese?
I vescovi delle quattro diocesi in cui lavoriamo apprezzano immensamente il nostro lavoro per la Chiesa e la gioventù dal Paese. Il vescovo di Petén è un salesiano, che ha dato una bella spinta alla pastorale giovanile nel suo Vicariato Apostolico. Purtroppo, nelle ultime decadi le chiese protestanti si sono disperse. Storicamente fra gli anni ’70 e ’80, la Chiesa è stata perseguitata dal governo militare. Chi veniva trovato con un rosario o la Bibbia in mano, veniva preso e scompariva. Ci sono tanti martiri di questo periodo: 4 sacerdoti, 1 religioso e 8 catechisti laici, fra i quali un bambino di 12 anni. Dopo questo periodo il protestantesimo è cresciuto tanto per la paura di essere perseguitato e ucciso dal governo. Adesso la Teologia della Prosperità, predicata tanto da queste chiese, attrae molte persone. Nelle nostre opere vengono cattolici e protestanti, e tutti trovano un posto familiare e gioioso.
Come sono i giovani guatemaltechi?
I giovani guatemaltechi hanno il cuore pieno d’illusioni. Il senso della famiglia è molto forte, perciò tanti cominciano a lavorare da piccoli per aiutare la propria famiglia nelle loro necessità e non pochi fanno un viaggio lungo e pericoloso verso gli Stati Uniti, cercando lo stesso. Quando conoscono una persona nuova, possono sembrare timidi, ma quando questo rapporto si approfondisce, l’amicizia sicuramente durerà anni. Anche se la situazione per i giovani è un po’ complicata attualmente per la mancanza di una buona educazione o di lavoro, questa illusione non scompare nei cuori dei giovani.
Quali sono i problemi che devi affrontare?
Anche se ormai sono da un anno in Italia, per me è sempre un po’ complicato capire la realtà giovanile qua. La cultura, la storia e l’attualità in Italia sono diverse da quelle in Guatemala, ma penso che sia precisamente questa diversità ciò che mi darà gli strumenti per arricchire il mio lavoro pastorale quando tornerò in Centroamerica. Ero abituato a lavorare con i giovani in un determinato modo, ma adesso il mio sguardo si è allargato e, così come ho portato con me quello che avevo imparato in Centroamerica, adesso potrò portare con me ciò che continuo a imparare in Italia.
Quali sono le tue più dolenti preoccupazioni?
Mi preoccupa che in Guatemala il livello di educazione sia il più basso in tutta l’America Latina. Questo fa sì che tanti giovani non possano avere una buona preparazione per ottenere un lavoro degno o per gli studi universitari e così superare la situazione di povertà nella quale si trova più della metà della popolazione. Per questo motivo, tanti bambini e giovani devono migrare, cercando migliori opportunità, ma tanti muoiono nel percorso verso il Nord.
E i tuoi progetti e sogni per il futuro?
Devo ancora finire i miei studi teologici per concludere il percorso di formazione iniziale. Una volta concluso questo percorso di formazione, penso di tornare nella mia Ispettoria per lavorare dove il Signore vorrà e così poter mettere in pratica tutto ciò che avrò imparato, non solo teoricamente nelle aule, ma anche quello che avrò vissuto in Italia. Sogno un Guatemala e una Centroamerica con tante opportunità per i giovani, dove possano realizzare i loro sogni, e dove la Famiglia Salesiana sia per loro un sostegno importante di vita cristiana, educativa e sociale.
Come vedi il futuro della Congregazione in Guatemala?
Vedo un futuro con più vocazioni per la Famiglia Salesiana: giovani che vogliono dedicare la loro vita per gli altri come religiosi, religiose o laici impegnati. Anche se gli ultimi anni non sono stati così facili in questo ambito, grazie alla testimonianza di fedeltà e allegria dei salesiani penso che verrà un momento in cui questo stimolerà tanti a continuare la missione di don Bosco. Vedo una presenza salesiana sempre più coinvolta nel dare risposta alle necessità della gioventù più bisognosa, una congregazione coinvolta con le famiglie dei giovani.