LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Giovanni Massaglia, l’amico per la pelle di Domenico Savio
Particolari inediti di un allievo di Valdocco.
Scriveva don Bosco nella prefazione alla “Vita del giovin
etto Domenico Savio, allievo dell’Oratorio di San Francesco di Sales (1859): “Taluno di voi d
imanderà perché io abbia scritta la vita di Savio Domenico e non quella di altri giovani, che vissero tra noi con fama di specchiata virtù. È vero, miei cari, la Divina Provvidenza si degnò di mandarci parecchi modelli di virtù; tali furono Fascio Ga
briele, Rua Luigi, Gavio Camillo, Massaglia Giovanni ed altri: … Per altro
, se Dio mi darà sanità e grazia, ho in animo di raccogliere le azioni di questi vostri compagni, per essere in grado di appagare i vostri ed i miei desideri col
darvele a leggere e ad imitare in quello che è compatibile col vostro stato”.
Don Bosco non riuscì a realizzare il suo desiderio e tutto restò limitato ai due capitoletti già editi sull’amicizia di Domenico Savio con i giovani Gavio e Massaglia. Circa quest’ultimo nella stessa vita si leggeva: “Se volessi scrivere i bei tratti di virtù del giovane Massaglia, dovrei ripetere in gran parte le cose dette del Savio, di cui fu fedele seguace finché visse”. Poche le novità introdotte nelle famose “Memorie Biografiche” di don Lemoyne, nella riedizione e studio nel 1943 dallo storico don Alberto Caviglia ed anche nella Nuova vita di Domenico Savio di Michele Molineris (1974).
Novità e soprattutto completamenti invece emergono ora dalle ricerche di Ornella Ceruti che all’allievo di Valdocco ha dedicato un bel volumetto illustrato, promanoscritto, dal titolo Chierico Massaglia Giovanni di Marmorito. Famiglia e luoghi di origine (2021).
Con poche parole e molte immagini in bianco e nero e a colori (foto, disegni) la ricercatrice ricostruisce i paesaggi interessati del Monferrato, le trasformazioni dei caseggiati abitati dai Massaglia fino al momento attuale, l’intero albero genealogico del chierico, nonché un profilo biografico più completo dello stesso. La ricerca, seria, benché di indole metodologicamente divulgativa, si basa su fonti di prima mano: i documenti e le memorie dei discendenti della famiglia Massaglia e soprattutto la documentazione conservata in numerosi archivi: salesiani, parrocchiali, diocesani, statali, comunali, notarili; il tutto indicato e numerato a fine volume. Molte le informazioni note, ma non poche le novità.
Le tante coincidenze
Anzitutto possiamo ricordare le numerose coincidenze geografiche e biografiche dei due giovani Giovanni e Domenico, amici per la pelle, benché di età diverse. In effetti erano nati in paesi poco distanti l’uno dall’altro (Mondonio e Marmorito) ed erano stati contemporaneamente allievi di Valdocco (stesso anno scolastico 1854/55 e nella prima metà del successivo). Aspiranti entrambi alla vita sacerdotale (il più grande, Massaglia già con la veste ricevuta da don Bosco ai Becchi, proprio dove don Bosco aveva incontrato Domenico Savio la prima volta), a Valdocco erano modelli di virtù e si stimolavano a vicenda a percorrere la via della santità nel compimento del proprio dovere. Soci della stessa Compagnia dell’Immacolata, sono poi morti entrambi giovanissimi (rispettivamente 18 e 14 anni), a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro e per la stessa malattia: ciascuno a casa propria, ma entrambi pochi mesi dopo aver lasciato l’Oratorio al fine di recuperare la salute.
Novità
Agli inediti dati catastali e notarili delle proprietà (con tanto di inventari dei beni anche minuti), si aggiungono le fotografie e le riproduzioni in bianco e nero e a colori di edifici e documenti cartacei che si susseguono pagina dopo pagina, fino alle tabelle finali. Risultano intriganti particolarmente le pagine 118-124 circa lo scenario biografico: “Quello che don Bosco non dice; Quello che dicono don Bosco e la tradizione salesiana, quello che aggiungono i documenti”.
Lasciando da parte quanto scritto da don Bosco, a giudizio dell’autrice il biografo Bosco non ha dato spazio né ha indicato con precisione il tipo di malattia (la contagiosa tubercolosi polmonare), di cui furono vittime i due giovani dell’Oratorio, forse per evitare un’immagine negativa dell’Oratorio. Invero aveva fatto lo stesso nel 1843 nello scrivere la vita del chierico Oblato di Maria, Giuseppe Burzio, un caso molto simile, se non gemello, a quello del Massaglia: due giovani robusti e sani deceduti della stessa malattia.
Inoltre la lettura attenta dell’atto di morte ha consentito all’autrice di precisare che il primo testimone del decesso del Massaglia è stato lo stesso medico curante Mattia Massaglia, che gli aveva praticati gli insistiti ed inutili salassi. Ma soprattutto è interessante l’individuazione dei tre “arnesi di scuola” ritrovati accanto al letto del giovane: un’antologia greca firmata e datata con al suo interno dei petali di rose, una Historia critica firmata, con la scritta (in francese) “non tutti i mali vengono per nuocere” contenente alcuni capelli, un doppio foglietto a stampa dal titolo Eternità con tanto di riflessione e preghiera sul tema. I libri sono intatti perché al giovane era stato proibito di studiare; i fiori erano stati offerti in onore della Madonna nel mese di maggio; la preghiera era quella per i momenti finali della vita. A tutto ciò si dovrebbe aggiungere il ritrovamento di qualche rametto di rosa con spina, occultato sotto il lenzuolo per fare penitenza: cosa peraltro proibita da don Bosco allo stesso Domenico Savio, così come tutte le altre penitenze corporali.
Quasi certamente non si arriverà all’auspicato riconoscimento ufficiale della santità da altare del giovane Massaia, come invece è avvenuto per l’amico Savio. Ma di certo giustamente è stato inserito nell’Enciclopedia del santi, beati e testimoni della fede e noi oggi, per dirla con papa Francesco, possiamo ritenerlo pure un santo della porta accanto, uno dei tanti formati alla scuola di don Bosco.