BS Maggio
2023

L'INVITATO

O. PORI MECOI

Don Václav Klement
nuovo Superiore della Visitatoria Africa Meridionale

Il piccolo gruppo dei Salesiani è un pizzico di lievito forte e motivato nella massa delle sfide di questa regione.

Si può presentare?

Mi chiamo Václav (Venceslao in Italiano) Klement, nato 65 anni fa a Brno, la seconda città della Cecoslovacchia. I miei genitori erano gente laboriosa, semplice e dedicata all’educazione, con profonde radici cristiane. Sono il primo di 4 fratelli, cresciuto in una bellissima famiglia, tra la parrocchia e la scuola che educava all’ateismo marxista. Nella parrocchia ero molto attivo tra i ministranti, nel coro, nel gruppo scout e nel gruppo giovanile. La Chiesa in Cecoslovacchia per 40 anni era libera solo per la liturgia, quindi tante realtà erano clandestine. Non sapevo che nostro zio, che ha vissuto nella stessa casa e lavorava nella vicina fabbrica, era vescovo.

Tutti i 26 anni che ho vissuto nella Cecoslovacchia, sono stati segnati dagli studi: prima di lasciare il paese ho imparato circa 6 lingue diverse (ceco, slovacco, russo, tedesco, inglese, latino) e dopo anche il coreano, spagnolo e polacco. Dal mio papà ho preso la passione per i libri e per il lavoro, lui era un lavoratore infaticabile, sia come ingegnere per gli impianti elettrici, sia come membro del consiglio pastorale e nella ricostruzione di tantissime chiese. Prima del servizio militare ho servito alla messa quotidiana come un ministrante per 10 anni, quindi vicino a Gesù-Eucaristia. Insieme con l’impegno quotidiano apostolico in parrocchia erano le basi della vocazione salesiana.

Com’è nata la sua vocazione?

Il mio è stato un cammino vocazionale insolito. Due volte non sono stato accettato nel seminario maggiore, solo dopo aver finito il servizio militare di due anni sono stato accettato. Nel seminario ho scoperto che uno dei migliori amici era diventato salesiano. Sono cresciuto in un Paese con due ispettorie salesiane di circa 400 confratelli, ma con nessuna casa salesiana. Infatti dal 1950 al 1989 il regime totalitario aveva chiuso tutte le case religiose. Dopo la perdita di tutte le istituzioni e case salesiane, alcuni confratelli facevano ministero nelle parrocchie diocesane, altri nelle strutture della chiesa ’clandestina’.

Ho conosciuto la biografia di don Bosco a 10 anni nella mia parrocchia, ma ho incontrato il primo salesiano “dal vivo” solo dopo i 24 mesi del servizio militare, nell’unico seminario diocesano che esisteva. Quindi i 4 anni della formazione salesiana sono stati tutti clandestini. Posso dire di aver avuto almeno tre maestri dei novizi.

Qual è stato il suo itinerario salesiano?

Grazie a Dio ho incontrato tanti veri modelli salesiani in Cecoslovacchia, confratelli che hanno portato avanti il carisma nella persecuzione, nonostante le prigioni, i lavori forzati oppure una vita umile e molto sacrificata. La loro testimonianza, il coraggio e la fede, il loro amore a don Bosco sono le radici della mia chiamata salesiana.

Dopo una “buona notte” sul nascente Progetto Africa, durante gli esercizi spirituali, non ho potuto dormire. Ho scoperto la mia vocazione missionaria. Ho capito che il Signore mi aveva dato in abbondanza le tre qualità fondamentali per essere missionari: buona salute, capacità di imparare le lingue e la passione di condividere la fede con i non cristiani.

Due anni dopo questa buona notte, con l’aiuto di tanti ho potuto lasciare il mio Paese e, attraverso le Alpi della Slovenia senza nessun documento, sono arrivato a Roma. Dopo due anni di continua formazione e l’ordinazione sacerdotale da Giovanni Paolo II, sono stato inviato dal Rettor Maggiore nella Corea del Sud nel 1986. Il mio sogno missionario ‘africano’ è stato cambiato per l’Asia Est, dove ho trascorso tanto tempo.

Il ricordo più bello?

Durante i 16 anni di vita missionaria in Corea del Sud ho toccato con mano il carisma di don Bosco: tanti giovani poveri accolti e preparati per la vita, tanti giovani che hanno incontrato nostro Signore Gesù Cristo e hanno ricevuto anche il battesimo ed alcuni giovani che ho potuto accompagnare nella ricerca vocazionale.

Vivere nella giovane Chiesa coreana, che è cresciuta da 2 milioni al mio arrivo fino a 6 milioni di fedeli ad oggi, era un grande dono del Signore. La freschezza della fede era vissuta anche tra i Salesiani, da 35 confratelli nel 1984 fino ad una matura ispettoria con più di 120 confratelli, che invia anche missionari all’estero. Un eccezionale spirito di famiglia vissuto tra i confratelli non si può dimenticare.

Anche il cammino con i salesiani cooperatori in Corea ha segnato la mia vita, ho imparato da loro la formazione congiunta con i laici, nel reciproco scambio. Dopo 30 anni di maturazione vocazionale, la provincia coreana dei salesiani cooperatori conta più di 700 membri ben formati. 

Poi l’orizzonte si è allargato

Come un fulmine a ciel sereno, quando ero Ispettore della Corea, durante il Capitolo Generale 25 a Roma, sono stato eletto come primo consigliere regionale della nuova regione Asia Est-Oceania (2002-2008). Un territorio immenso dalla Mongolia fino all’Australia nel sud, dalla Thailandia fino alle isole Samoa nel Pacifico.

Al termine, fui eletto Consigliere per le missioni salesiane. Significava tanti viaggi d’animazione in tutti e 5 i continenti, per accompagnare il discernimento e la formazione di 220 nuovi missionari durante il sessenio. Poi fui incaricato per un altro sessennio come Consigliere regionale per l’Asia Est-Oceania, che comprende ben 23 paesi e 12 ispettorie.

Dopo 18 anni passati nel Consiglio generale, il Rettor Maggiore mi ha chiamato a svolgere diverse visite straordinarie (2020-2022). Così negli ultimi 20 anni ho visitato quasi 100 paesi dove è presente la congregazione salesiana, specialmente nelle periferie missionarie e presenze più recenti. Era una vita nomade, con qualche mese in casa generalizia e quasi tutto l’anno nei viaggi tra le case ed ispettorie salesiane. Quindi posso dire che il mio indirizzo è ‘Don Bosco’.

E ora la Visitatoria Africa Meridionale (AFM). Qual è la situazione attuale?

La chiamata del Rettor Maggiore ed il mio nuovo invio missionario nel Sud Africa mi ha colto di sorpresa. Conosco molti confratelli dal tempo della visita straordinaria fatta 12 anni fa in questa Visitatoria. È dedicata a don Rua perché fu il primo successore di don Bosco ad inviare i salesiani a Cape Town, nel 1896.

Ora è una Visitatoria che comprende tre paesi, Sud Africa, Lesotho e Eswatini, con un totale di 64 millioni d’abitanti e una minoranza cattolica di circa 5 millioni di fedeli. Solo nel piccolo Lesotho troviamo circa il 50% di cattolici tra 2 milioni di abitanti.

Ci sono ora solo 35 confratelli salesiani e 7 comunità canoniche. Essendo un paese con 11 lingue ufficiali, anche la Visitatoria salesiana conta non meno di 15 nazionalità tra i salesiani. Ci sono 15 scuole, 5 parrocchie, 2 opere sociali, centri giovanili ed oratori.

Sono pochi i salesiani, ma sono circa 1400 i laici collaboratori (lay mission partners). In maggioranza i confratelli sono africani, ma hanno già inviato il primo salesiano missionario ad gentes nel 2014.

Ovviamente nel contesto della regione Africa-Madagascar con 14 ispettorie e quasi 2000 salesiani, l’AFM è la Circoscrizione più piccola. Ci sono 5 giovani confratelli in formazione iniziale con tre aspiranti. La presenza di ben 5 salesiani coadiutori completa la nostra vocazione salesiana consacrata, un tesoro prezioso nel contesto africano.

Nonostante la scarsità di confratelli, ci sono tante realtà bellissime della missione salesiana, come il volontariato giovanile missionario, opere sociali per i più bisognosi e migliaia di giovani che possiamo incontrare ogni giorno nelle nostre scuole, oratori e parrocchie.

Quali difficoltà prevede?

Ognuno dei 134 paesi dove i salesiani vivono e lavorano per i giovani affronta diverse sfide. Sicuramente la sfida principale è la sproporzione tra il personale salesiano e l’ampiezza della missione, quando nello stesso tempo abbiamo diversi inviti dai vescovi di varie diocesi sudafricane. Richiedono i salesiani per far crescere la pastorale giovanile, per contribuire alla formazione dei giovani cattolici e non solo.

Quindi siamo invitati a un impegno straordinario nel campo vocazionale e per la ricerca dei nuovi missionari. Inoltre la società sudafricana anche a distanza di 30 anni dopo la fine della segregazione (apartheid) ancora soffre la forte disuguaglianza economica tra i ricchi e i poveri. Ciò crea ancora notevoli tensioni sociali. I giovani dell’Africa meridionale richiedono un fermo impegno per essere preparati per la vita con gli oratori, i centri giovanili, i CFP ed altre opere di formazione integrale.

Come vede il futuro dei Salesiani in questo angolo difficile dell’Africa?

Nella grande, giovane e dinamica regione Africa-Madagascar contiamo sulla comunione e solidarietà effettiva tra le 14 ispettorie. Nonostante tante sfide esterne, sociali, economiche e materiali, il futuro della comunità cattolica, nella quale siamo una piccola porzione, dipende dalla passione per i giovani e dallo spirito salesiano.

Durante la recente consultazione per il nuovo ispettore tutti i confratelli della Visitatoria dell’Africa Meridionale hanno additato il ministero vocazionale come un’assoluta priorità, quindi se camminiamo vicino ai giovani come don Bosco, troviamo il futuro affascinante. Anche nell’Africa meridionale la più grande ricchezza sono i giovani e lo spirito comunitario.

La Chiesa ha bisogno di don Bosco, quindi il nostro futuro dipende dal portare don Bosco vivo tra le tante sfide del momento presente.         

 

 

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