L'INVITATO
MARINA LOMUNNO
Don Michele Viviano
Il “Rettore” di Maria Ausiliatrice
«A don Bosco che mi ha voluto qui chiedo ogni giorno: che cosa devo fare per continuare a rendere bella e accogliente la casa di Maria Ausiliatrice da te costruita con tante fatiche…».
Lo abbiamo incontrato nel cortile di Valdocco nei giorni della Novena di don Bosco, all’indomani della festa liturgica di san Francesco di Sales, patrono della Congregazione salesiana. Il 2022 è un anno speciale per i figli di don Bosco che ricordano i 400 anni dalla morte del Vescovo di Ginevra a cui è stata dedicata una mostra temporanea nel Museo Casa don Bosco aperta fino al 15 gennaio 2023 (informazioni su https://museocasadonbosco.org/).
Com’è nata la sua vocazione?
La mia vocazione è nata potrei dire a casa, nell’ambiente familiare e nonostante fossi il primogenito e unico maschio con tre sorelle: M. Teresa, Mirella e Ivana. Mamma Rosetta e papà Giovanni, questi ora è in cielo, cooperatori salesiani oltre che membri dell’azione cattolica nella Chiesa Madre del mio paese San Cataldo (CL). Inoltre avevo due zii salesiani: don Giuseppe Riggi, la cui mamma era sorella di mio nonno, e don Michele Viviano, di cui portavo provvidenzialmente pure lo stesso nome. E questi mi ripeteva sempre che avrei dovuto prendere il suo posto. E così è stato. Chiaramente frequentavo i salesiani del mio paese a San Cataldo (CL) dove c’è ancora un oratorio salesiano fiorente e dinamico. Poi ho frequentato le scuole dai salesiani a Caltanissetta. Un salesiano un giorno mi disse: “perché invece di fare l’animatore solo per un mese di estate non lo fai per sempre?” E soprattutto mi colpì allora il clima molto sereno e familiare che si respirava nella comunità salesiana di Caltanissetta, al punto tale da essere per me come una potente calamita… volevo essere uno di loro.
Don Michele, che cosa significa essere Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, centro carismatico di tutta la famiglia salesiana?
Mi sento molto privilegiato e lo vivo innanzitutto come un regalo di don Bosco per il mio 30° anno di ordinazione presbiterale. Nel 2016, nel mio 25° di sacerdozio, mi è arrivata un’obbedienza «strana», non facile, per la quale non mi sentivo per nulla preparato: alla mia vita abbastanza tranquilla di docente nell’Istituto Teologico San Tommaso di Messina mi si chiedeva la direzione di un centro di accoglienza per emigranti che arrivavano direttamente al porto di Catania. Era il periodo in cui papa Francesco ci invitava ad aprire le case e gli istituti religiosi per accogliere chi rischiava la vita per attraversare il Mar Mediterraneo. Accolsi quell’obbedienza come un regalo di Dio per il mio 25°.
Ora, dopo 5 anni, con mia grande sorpresa e senza esser stato mai parroco, il Rettor Maggiore mi ha chiesto di venire qui a Torino come Rettore della Basilica più importante per la nostra congregazione. Come non accoglierlo non solo come un dono di Dio ma anche come una chiamata di don Bosco? Ogni figlio di san Giovanni Bosco sogna di stare un giorno, un periodo nei luoghi delle origini della Congregazione Salesiana, così è stato per me fino adesso. Un sogno che è diventato realtà. Ed è la prima volta che celebro la festa di don Bosco proprio accanto a lui in Basilica, qui in questi luoghi dove ha cominciato ad accogliere i ragazzi e con alcuni di questi a fondare la congregazione: «ci chiameremo salesiani» era il 26 gennaio del 1854. E poi a maggio, sarà un’emozione celebrare per la prima volta la festa di Maria Ausiliatrice nel tempio costruito dal nostro padre e maestro.
E di certo essere Rettore è anche una grande responsabilità, un grande impegno di cui forse ancora non mi rendo conto. Ma non sono solo: ho una comunità che mi sostiene, confratelli che aiutano e collaborano tanto: è vero io sono il Rettore ma ancor prima che a me la Basilica è affidata alla mia comunità e questo mi conforta e mi incoraggia. E a don Bosco che mi ha voluto qui chiedo ogni giorno «che cosa devo fare per continuare a rendere bella e accogliente la casa di Maria Ausiliatrice da te costruita con tante fatiche…».
In questo anno si celebra il quarto centenario dalla morte di san Francesco di Sales. Quanto è attuale oggi il carisma del vostro patrono?
Credo che oggi sia da riscoprire il suo umanesimo integrale, quel far emergere le risorse molteplici in ogni persona umana, in ogni giovane nostro destinatario. Spesso tentiamo o pretendiamo che gli altri siano a nostra immagine e somiglianza e così li vogliamo forgiare. Don Bosco lo dona come modello a noi salesiani proprio perché noi per primi e poi i nostri destinatari siamo chiamati a perfezionare non solo lo spirito, la dimensione religiosa, ma anche gli affetti e le passioni dell’anima, i sensi del corpo, le facoltà del nostro intelletto, insomma tutta intera la nostra persona.
Don Bosco infatti sulla scia di san Francesco di Sales non curava solo la formazione spirituale e religiosa, fondamentale per la nostra vita, ma insieme a questa è necessaria anche quella umana, culturale, ricreativa-relazionale dove il gioco, lo sport, la musica, il teatro, i momenti di svago e distensione sono altrettanto importanti. E forse solo in questo contesto comprendiamo alcune sue espressioni, come quella scelta dal Rettor Maggiore per la strenna di questo anno: «fate tutto per amore e nulla per forza», soprattutto quando, come dice don Bosco, non basta amare ma è necessario che i giovani e aggiungo anche chi ci sta accanto, si accorgano di questo facendolo percepire.
Che cosa chiedono gli uomini, le donne e i giovani di oggi a Maria Ausiliatrice quando vengono in Basilica?
Siamo arrivati a gennaio e in questi primi quattro mesi ho visto tante persone di tutte le fasce sociali ricorrere all’Ausiliatrice: e penso che tutti chiediamo che ci liberi dalla pandemia che, oltre a mettere a rischio la nostra salute, ha cambiato le nostre abitudini, ha condizionato le nostre attività, ci ha isolati di più, ci ha diviso all’interno delle stesse famiglie per le divergenze anche di pensiero sul virus. Ci ha resi più fragili, insicuri, diffidenti l’uno dell’altro visto come potenziale portatore della malattia. Oggi invece ognuno di noi ha bisogno di sicurezza, di certezze, di punti fermi che la scienza non ti dà e non può darti, per cui c’è un ritorno a Dio, un maggior ricorso a Maria Ausiliatrice, un mettere la nostra vita nelle mani sicure del Dio della vita e di colei che è la mamma delle mamme, l’Ausiliatrice di ogni uomo che a lei ricorre con la semplicità e la fiducia del figlio, della figlia.
Quali iniziative pensa di lanciare in Basilica nei prossimi anni?
Ho bisogno ancora di qualche mese per conoscere e comprendere coloro che varcano la soglia della Basilica, che cosa desiderano, di che cosa hanno bisogno, che cosa ci chiedono: non è facile, ma non desidero cadere in un attivismo di iniziative che possono abbagliare ma non illuminare, attirare ma non riscaldare il cuore. Certamente la Basilica deve avere un respiro lungo e profondo insieme a uno sguardo ampio che vada oltre i confini locali e nazionali da una parte e dall’altra, offrire insieme alle celebrazioni eucaristica e della riconciliazione, sempre ben curate, iniziative formative e culturali. Oggi i santuari non sono solo «oasi nel deserto» per trovare un po’ di pace e tranquillità dal frastuono della città, «ospedali da campo» per curare o sanare qualche ferita o «isole ecologiche» per essere perdonati. Oggi un santuario come il nostro, che conserva le spoglie di tre santi e due beati, è anche come un «magnete» che attira non solo chi vuol pregare ma anche il semplice curioso o visitatore di luoghi artistici; che accoglie non solo il cittadino torinese ma anche l’exallievo/a che arriva dall’altra parte del mondo. Dunque mi chiedo, lasciandomi illuminare da don Bosco, che cosa può e deve offrire di significativo il Santuario Basilica Maria Ausiliatrice alla città di Torino, innanzitutto, e ad ogni persona che entra in questo tempio o meglio in questa «casa» come vide nel sogno don Bosco: «Hic Domus mea, inde gloria mea»? («Questa è la mia casa, da qui la mia gloria»).
DON MICHELE VIVIANO
Nato nel 1962 a San Cataldo, Caltanissetta, dove è stato ordinato sacerdote nel 1991, è il nuovo Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice dal 1° settembre 2021. Ha preso il testimone dal confratello don Guido Errico, ora maestro dei novizi e direttore dell’Opera salesiana di Genzano di Roma. Docente al Centro Teologico San Tommaso di Messina, è giunto a Valdocco dopo numerosi incarichi a Roma e in Sicilia tra cui delegato Ispettoriale per la Famiglia Salesiana.