In Prima Linea
ANTONIO LABANCA DI MISSIONI DON BOSCO • FOTO DI ESTER NEGRO
Don Daniel Antunez Tra i piccoli senza domani
Il presidente di Missioni Don Bosco ha visitato le presenze salesiane in una delle zone più povere del Congo Brazzaville.
«Non c’è differenza tra me e tuo figlio, signore. Non c’è differenza tra me e tuo figlio, signora»: così canta André (lo chiamiamo così), rapper che – nella “Casa dei bambini di strada” di Pointe Noire nel Congo Brazzaville – ha trovato molti anni fa chi si prendesse cura di lui. Ora è un giovanotto che, sicuro di essere testimone credibile, racconta – a voce alta e con una base musicale che squarciano il silenzio – la sua esperienza di lotta contro un destino segnato.
Tanti come lui hanno trovato nella “Casa” dei salesiani una via di uscita dalla condizione di scartati in cui si sono trovati. «La strada non è mia madre, né mio padre è colui che mi aiuterà nella vita d’inferno». È una denuncia pesante rivolta alla società che non gli ha dato genitori in grado di occuparsi di lui, di essere responsabili della sua venuta al mondo.
Don Alcide Baggio dirige la “Casa dei bambini di strada” e la comunità salesiana collocata nella zona periferica della città, dove vive la popolazione più svantaggiata. Don Daniel Antunez, presidente di Missioni Don Bosco, è andato a incontrare lui e gli altri confratelli nell’agosto scorso, insieme con la fotoreporter Ester Negro. «Abbiamo potuto vedere e ascoltare la reale povertà del luogo: la disoccupazione, la mancanza di istruzione e di formazione generano situazioni sociali molto tristi, come la violazione dei diritti dell’infanzia e delle donne e la delinquenza» racconta don Daniel nel suo diario. I missionari lavorano quotidianamente per portare un cambiamento: un compito tutt’altro che semplice, ma svolto con tutto il cuore e la dedizione. E osserva: «Sono convinti di quello che fanno e di come lo fanno».
Ne dà un riscontro André in una delle strofe della sua canzone: «La gente del quartiere prende la strada come esempio / io invece prendo il Cielo proprio vicino a me come esempio»: un riconoscimento all’impegno che i Figli di Don Bosco profondono in questa struttura che oggi dà accoglienza a circa 50 bambini. Gli spazi sono sempre insufficienti per l’impossibilità di dire di no ai tanti che bussano, la struttura rispecchia la condizione di povertà generale del Paese.
La missione dei salesiani è un motivo
di fiducia nel futuro, forse l’unico.
Daniel Antunez
La minuta delegazione di Missioni Don Bosco si è spinta ancora oltre nella periferia di Pointe Noire, in un’area dove è cresciuta una discarica incontrollata: «È una montagna di rifiuti che sembra faccia parte del paesaggio» ricorda don Antunez, «un’immagine davvero sconvolgente». Lì c’è un edificio quasi vuoto, poco più di una tettoia, che funge da chiesa, da sala riunioni, da grande aula di studio. Poco più avanti è la sede salesiana. Un gruppo di bambini stava aspettando i visitatori; quando questi sono arrivati, li hanno circondati con grida e applausi di benvenuto.
Molti ragazzi che frequentano questo oratorio non vanno a scuola perché è troppo lontana: una situazione che prefigura analfabetismo, emarginazione, povertà. «La sensazione di impotenza è forte, la preoccupazione per la sopravvivenza e per la crescita di quei bambini è grande» rileva il presidente di Missioni Don Bosco, «non hanno una vita, non possono neppure immaginare come sarà, non possono pensare a un domani!». Il giorno della visita era domenica. Sotto gli alberi del cortile un gruppo di madri stava provando alcuni canti per la celebrazione eucaristica che si sarebbe svolta di lì a poco. Questo appuntamento settimanale è ciò che costituisce la speranza per questa comunità. Quel giorno è “rinforzato” dalla partecipazione di chi rappresenta il mondo lontano dei benefattori. «La missione dei salesiani è un motivo di fiducia nel futuro, forse l’unico».
Anita Perez e Malanie
Pointe Noire nella Repubblica del Congo (Brazaville) è stata l’ultima tappa di una visita di due settimane, che ha costituito il “battesimo” dell’Africa per don Daniel Antunez, al secondo viaggio missionario dopo quello in Ucraina nel marzo 2022. Anche l’altro Congo, quello della Repubblica Democratica (Kinshasa), ha prodotto impressioni forti. Il tratto comune ai due Stati è l’uso del francese come lingua generale, derivante dalla colonizzazione da parte rispettivamente della Francia e del Belgio. Sono numerosi i centri che hanno accolto i rappresentati di Missioni Don Bosco, è difficile determinare una scala di valutazione delle opere in corso poiché vivono tutte ai limiti della sostenibilità. Dall’incontro a tu per tu con i confratelli insieme con p. Kaya Muhema Ghislain, responsabile dell’Ufficio Progetti dell’ispettoria congolese, don Antunez ha ricavato tre elementi importanti: il radicamento della Congregazione nel cuore del continente grazie alla fioritura di vocazioni locali; la condivisione da parte dei confratelli della condizione ordinaria della gente; l’operosità delle comunità e l’affidamento alla Provvidenza per affrontare gli impegni.
A Mbuji-Mayi, nella provincia del Kasai Orientale, c’è un’altra casa per bambini orfani e abbandonati. Una volontaria venuta dal Venezuela, Anita Perez Duqye, sorella del missionario p. Mario Perez, spiega senza mezzi termini: «Le famiglie non hanno da mangiare, le madri muoiono di fame e i loro figli finiscono sulla strada». Eppure a pochi chilometri dalla città si trova uno dei centri minerari più ricchi di diamanti del Congo. Ma questa industria non fa ricadere i benefici sul territorio, anzi è la ragione di un lavoro che vede i minori fra i più sfruttati. P. Mario raccoglie dai bordi di questa conca di schiavitù chi ne viene via liberato da ogni illusione. A loro si uniscono i ragazzi e le ragazze considerati stregoni per qualche “anomalia” nel loro fisico o nel loro comportamento. Il primo soccorso è l’affetto, poi il cibo e qualche capo di vestiario.
Con i salesiani anche le famiglie si investono della loro accoglienza. Nel periodo estivo in cui capitano i visitatori, gli ospiti sono da più settimane nelle famiglie della zona per consentire i lavori di manutenzione della struttura e le ferie agli addetti. Malanie è una di queste mamme affidatarie. Ha grandi braccia, tiene gli ultimi arrivati sulle sue ginocchia. Li presenta con nome e cognome e condizione nella quale si sono presentati all’opera salesiana: lasciati sulla porta subito dopo il parto, portati quando la situazione economica diventa insostenibile, abbandonati quando la malattia e la superstizione li colpiscono in modo stigmatizzante. Una bambina con le ginocchia impolverate di terra ha una maglietta macchiata dalla caduta libera di una zuppa e la mutandina slabbrata che le scivola; un bambino neanche questa, mentre ogni tanto lancia un colpo di tosse. Ma sono tranquilli in braccio a Malanie – che per l’intervista ha messo l’abito della festa – giudicando importante questa occasione per raccontare i tanti “miracoli” di cui è consapevole. Arrivano feriti nel corpo e nello spirito «ma Dio è grande» testimonia questa mamma.
«Bonjour, papa»
C’è una gamma di servizi di soccorso “obbligati” nelle quotidiane emergenze che a volte sembra togliere ai missionari la possibilità di guardare oltre e di investire per rimuovere le cause della marginalità e della povertà. Nella Repubblica democratica del Congo tuttavia essi riescono anche a lanciare il cuore oltre l’ostacolo.
Fra le varie sfide colpisce molto quella raccolta a Tshikapa. Il viaggio dalla capitale a questa località, che si trova a sud-est e dista 865 chilometri di strada statale per 16 ore almeno di percorrenza, già contiene l’idea di una frontiera da raggiungere. Partenza alle 4 del mattino: «Mentre avanzavamo lungo il percorso, il sole ha cominciato ad illuminare il paesaggio con un’alba davvero bellissima: è di un rosso intenso che non abbaglia, anzi dà un senso di pace» riporta don Antunez. Pian piano ci si rendeva conto della presenza di piccole capanne di fango e canne dalle quali uscivano i bambini che andavano a scaldarsi accanto al fuoco; la strada stessa si animava gradualmente di ragazzini scalzi che vendevano piccole cose e di madri con grandi canestri di manioca da vendere al passaggio. Una giornata intera di percorrenza su una carreggiata asfaltata solo a tratti, vicino ai grossi centri, per il resto polverosa e pronta con le piogge a trasformarsi in un’incognita per le sospensioni delle ruote. Si arriva che è di nuovo notte, l’esplorazione della missione inizia il giorno seguente.
Usciti per via la mattina seguente, i due “bianchi” venivano visti con un po’ di timore dai più piccoli, che si nascondevano o scappavano; gli adulti salutavano con un gentile “Bonjour, papa”. Nel cortile dell’oratorio circa cento bambini, alcuni di loro portati in spalla dalle sorelle non molto più grandi, erano raccolti in cerchio per dare un saluto festoso. È il preludio alla tappa successiva: un’area fuori dall’abitato, in mezzo al nulla. È qui che i salesiani hanno stabilito un nuovo plesso scolastico. I lavori sono già iniziati dopo che, con gli aiuti finanziari pervenuti, è stato possibile acquistare 6 ettari di terreno. Si vede la struttura che ospiterà un centro di formazione professionale: non si perde tempo, il mese successivo le aule e i laboratori dovranno essere pronti per gli allievi. A fianco ci sono le fondamenta della scuola primaria: l’obiettivo è di rendere possibile la frequenza dei bambini della zona, troppo distanti da qualsiasi sede di insegnamento pubblico o privato.
Nei pressi della scuola è stato scavato un pozzo che potrà dare acqua alla rete di distribuzione.
A garantire il completamento della struttura e l’avvio dell’attività si è formata una comunità di quattro salesiani che si stabiliranno nella casa adiacente. È l’inizio di una nuova esperienza, il primo passo per confermare la presenza tra i più poveri, che si è festeggiato con Missioni Don Bosco che ha dato la sua spinta per far camminare questo progetto. Nel pomeriggio si avvicinano alcune mamme che vogliono unirsi ai presenti per pregare insieme, ringraziando la Provvidenza di questo “messaggio”. Poi un po’ di conversazione e infine canti e balli. «Mi è piaciuto ascoltarle, vederle vestite di quei bei colori, così semplici ed espressivi allo stesso tempo» commenta don Antunez, «le donne sono il pilastro di tutto, hanno una forza incredibile, una gioia interiore che si manifesta in modo tangibile».