I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Don Bosco quasi... Mozart

Don Bosco amava la musica. Suonava il violino, l’organo e il pianoforte, ma solo quando riusciva a trovarli nella casa di qualche amico. Per lui, la musica e il canto erano un ottimo modo per comunicare con i giovani. Cominciò da giovane prete, al Convitto. Un anno, avvicinandosi il Natale, preparò una lode per il Bambino Gesù. Poesia e musica furono scritti sul davanzale di un coretto della Chiesa di San Francesco. Ecco i versi: Ah! si canti in suon di giubilo, / Ah! si canti in suon d’amor. / O fedeli, è nato il tenero / Nostro Dio Salvator. I ragazzi la impararono per la strada e la gente guardava stranita un prete in mezzo a sei od otto ragazzi che, nelle vie del centro passeggiavano cantando. Nelle chiese di quel tempo il canto era monopolio di signori spesso catarrosi e sgraziati. Quando cominciarono i ragazzi di don Bosco, la gente andò in visibilio. Per le melodie, don Bosco prendeva spunto dalla vita quotidiana. Un giorno, udì un coro di operai, che sulle impalcature cantavano un loro stornello armonioso, marziale. Si annotò la musica e poi chiese al famoso letterato Silvio Pellico, di scrivergli alcuni versi all’Angelo Custode. Ne venne fuori l’aria popolarissima Angioletto del mio Dio, che girò tutta l’Italia. Un’altra volta, incontrò alcuni giovani che cantavano, accompagnandosi con chitarra e violino. Don Bosco fu conquistato da quell’armonia e, tirate fuori carta e matita, appoggiandosi allo stipite del palazzo della Prefettura, si scrisse le note. Nacque così Noi siam figli di Maria. Ma quando don Bosco ebbe una cappella tutta sua, non aveva un centesimo per qualcosa che suonasse. Cominciò con una vecchia fisarmonica, poi con una pianola automatica che suonava solo l’Ave Maris Stella, le Litanie della Madonna e il Magnificat. Impietosito, l’amico Giovanni Vola gli regalò una vecchia spinetta. Più che suonare, pigolava.
Fu invitato una volta con i suoi giovani a cantare una Messa nel santuario della Consolata. Coraggiosamente, decise di far cantare ai giovani una “Messa” che aveva composto lui. Organista di quella chiesa era il celebre maestro Bodoira. Don Bosco gli chiese con un misterioso sorriso, se potesse accompagnare il canto di quella Messa inedita.
«Qualche cosa farò», rispose risentito Bodoira, che era famoso nell’interpretare a prima vista qualunque musica, anche le più difficili. Scoccò l’ora della Messa, aprì lo spartito, aguzzò gli occhi, scrollò il capo e tentò di suonare. Uno stridio terribile. «Ma chi ci capisce? Che guazzabuglio è questo? Basta!» esclamò, si calcò in testa il cappello e se ne andò. Don Bosco, ridacchiando un po’, si sedette all’organo e accompagnò i canti fino alla fine. Dopo la celebrazione, i ragazzi furono sommersi di elogi e molti complimenti ebbe anche l’organista, che tutti pensavano fosse stato il grande maestro Bodoira.
LA STORIA
Il racconto si trova nei volumi II e III delle Memorie Biografiche.