I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Don Bosco è matto!
Don Bosco cominciò a raccontare i suoi sogni. Parlava di un oratorio vasto e spazioso, di chiese, case, scuole, laboratori, ragazzi a migliaia, preti a loro totale disposizione. In realtà c’era solo un prato spelacchiato.
Naturale che la gente comune dicesse: «Si è tanto infatuato dei giovani che gli ha dato di volta il cervello».
Don Borel, il collaboratore e amico fraterno, cercò di impedire a don Bosco di raccontare i suoi sogni.
Un giorno, in camera sua, dopo un inutile tentativo di «farlo ragionare», don Borel scoppiò a piangere. Uscì dicendo: «Povero mio don Bosco, è proprio andato».
Decisamente era pazzo, pazzo da legare. I canonici non ne dubitavano. Bisognava dunque correre subito ai ripari. Per non stuzzicare la sua diffidenza, si fece appello, per agire, a due parroci, persone egualmente degne, a cui necessariamente il modesto prete don Bosco non poteva manifestare che deferenza.
Ma il modesto prete li vide venire da lontano. Eccoli dunque quei parroci introdursi, girando al largo. Parlano del vento e della pioggia, di tutte le banalità d’uso che permettono degli accostamenti lenti e prudenti.
Don Bosco ha capito. Risponde alle loro domande. Non attenua niente né dell’ampiezza dei suoi progetti, né delle sue certezze. Il tono non inganna. È pura esaltazione. Quel povero prete è un megalomane. Occorre agire senza indugio. Diventano più amabili.
«Ebbene, non sarà mai detto che noi siamo venuti per nulla… Vi abbiamo disturbato… Volete in compenso fare nella nostra carrozza un giretto in città?»
«Carrozza?… pensa don Bosco, che onore!». Ha buon fiuto e risponde: «Con piacere».
Arrivano alla carrozza. Gentilezze: «Salite, don Bosco».
«Per primo?… Mai e poi mai! Vi devo rispetto. Passate voi per primi».
Si insiste, sia pur in maniera elegante e graziosa. I due parroci, di mala voglia, si decidono.
Entrano per primi nella carrozza e subito don Bosco sbatte forte lo sportello e grida al cocchiere: «Adesso difilato dove sapete, e al galoppo!»
II cocchiere parte di gran galoppo. Il manicomio si spalanca. Gli infermieri si gettano sui due parroci. Hanno loro annunciato l’arrivo di un malato. Ce ne sono due, due pazzi furiosi, che gesticolano e chiamano aiuto. Per loro fortuna il cappellano accorre e chiarisce l’equivoco. Vengono lasciati liberi i due parroci. Appena in tempo.
L’avvenimento fece subito scalpore. Tutta la città ci rise sopra.
«Come pazzo, si diceva, è molto spiritoso». Era vero.
Da allora anche i parroci di Torino, un po’ tardi senza dubbio, lo lasciarono alla sua follia.
Don Bosco coltivò quella follia. E la trasformò in santità.