DON BOSCO NEL MONDO
Kirsten Prestin (da DON BOSCO magazin, foto di Tamara Merino/Don Bosco Mission Bonn/Fairpicture, traduzione di Marisa Patarino)
Cile Il futuro nonostante l’handicap
In Cile, i giovani che presentano disabilità mentali o fisiche difficilmente ricevono l’aiuto di cui hanno bisogno. La scuola Laura Vicuña di Puerto Montt, gestita dai Salesiani di Don Bosco, offre loro la possibilità di un futuro migliore.
Quando il diciassettenne Tomàs torna a casa da scuola, il pranzo è già in tavola. Suo padre, José, di trentanove anni, ha preparato tutto ed è contento di tenere compagnia al figlio durante i pasti. José Villanueva vive con Tomàs in una baracca di lamiera ondulata e legno in un quartiere povero della città portuale di Puerto Montt, nel sud del Cile. Il piccolo locale in cui padre e figlio dormono e mangiano è sempre pulito e ordinato. José tiene molto a questo. La baracca non dispone di riscaldamento; le pareti sono coibentate con contenitori per le uova. Qui l’inverno è spesso freddo e umido.
Padre e figlio sono molto uniti e trascorrono molto tempo insieme. José alleva da solo suo figlio, che presenta un lieve deficit intellettivo e difficoltà di apprendimento. La madre di Tomàs se n’è andata via quando il bambino aveva due anni. Aveva incontrato un altro uomo con il quale voleva iniziare una nuova vita. Non vede suo figlio da molto tempo. Sebbene siano stati stabiliti i tempi e le modalità per le visite, preferisce non incontrarlo. Quando Tomàs è nato, non sono state riscontrate anomalie. Solo più tardi, quando il bambino all’età di quattro anni ha cominciato a frequentare la scuola d’infanzia, è stato comunicato al padre che Tomàs aveva problemi di apprendimento e che sarebbe stato più opportuno che frequentasse una scuola speciale.
Negli ultimi 15 anni José non ha ricevuto alcun sostegno finanziario né dallo Stato, né dalla sua famiglia. «Per fortuna c’erano alcuni angeli sulla nostra strada», dice il padre con un’espressione felice sul volto. Tra questi angeli ci sono anche i Salesiani di Don Bosco. Fin da quando aveva cinque anni Tomàs frequenta la scuola Laura Vicuña tutti i giorni, dalle 9 dalle 13. Questo istituto offre a giovani fino a 26 anni di età che presentano disabilità mentali o fisiche la possibilità di seguire un percorso scolastico e professionale.
«Tomàs ha compiuto grandi progressi, da quando frequenta regolarmente la nostra scuola. Le attività proposte dalla scuola sono molto importanti per questi ragazzi, ma si tratta soprattutto di creare fiducia», sottolinea Johanna Gómez, direttrice del centro e insegnante di sostegno, presente nella scuola Laura Vicuña da oltre dieci anni. Il padre di Tomàs può solo confermare le parole della direttrice: «Mio figlio è diventato più aperto e riesce a esprimersi meglio. Imparare è diventato molto più facile per lui», dice José, che pure presenta un leggero handicap mentale, da bambino non è mai stato seguito in modo specifico a scuola e ancora oggi se ne rammarica.
Un’opera eccellente
La scuola “Laura Vicuña” sostiene e accompagna i giovani portatori di handicap dal 1996. Nell’anno scolastico 2016/17 l’istituto è stato insignito del certificato di qualità “Excelencia Académica” conferito dal Ministero dell’Istruzione nazionale per la sua offerta educativa. «I bambini e gli adolescenti che frequentano la nostra scuola provengono da famiglie povere.
“Tomàs ha compiuto grandi progressi, da quando frequenta regolarmente la nostra scuola.
Le attività proposte dalla scuola sono molto importanti per questi ragazzi. ” Johanna Gómez, direttrice della scuola
Molti sono autoctoni e vengono emarginati per la loro origine», dichiara la direttrice Johanna Gómez. «Per noi è importante creare opportunità per il loro futuro, tramite una solida formazione professionale e l’integrazione nel mondo del lavoro». Con questo obiettivo i Salesiani di Don Bosco lavorano a stretto contatto con le aziende. Grazie ai tirocini gli studenti possono acquisire la loro prima esperienza professionale. «I tirocini incrementano anche le possibilità di trovare un lavoro in seguito», spiega l’insegnante di sostegno.
La scuola propone corsi di cucina, panificazione e vari altri percorsi professionali. La pratica di diversi sport favorisce lo sviluppo psicomotorio dei bambini e dei ragazzi. La musicoterapia e la logopedia completano l’offerta formativa. Viene anche insegnato agli allievi a usare il computer.
In Cile circa il 75 per cento delle persone diversamente abili in grado di lavorare è disoccupato.
“Il mio più grande timore è
che quando moriremo Fernanda
non abbia risorse per vivere.” Alejandro Nunez, padre di Fernanda,
una giovane diversamente abile
In questo Paese sudamericano esistono poche strutture in grado di aiutare bambini e giovani diversamente abili a livello mentale o fisico. Secondo l’ultimo censimento, che risale al 2012, il 12,9% della popolazione cilena presenta una disabilità fisica o mentale.
Tomàs è piuttosto timido e introverso. A scuola segue i corsi con attenzione e interesse. Ha ancora difficoltà a parlare ed esprimersi con chiarezza. «Spesso è solo agitato e per questo quando parla si confonde», spiega José. Ma con il tempo è migliorato. La scuola l’ha aiutato a superare la sua insicurezza. «Tomàs ha imparato a usare frasi complete. Ora riesce anche a svolgere lavori manuali e a interagire con altri ragazzi», dice il padre visibilmente orgoglioso.
Dopo aver pranzato, Tomàs passa molte ore al cellulare. A causa del Coronavirus, dopo le lezioni non può più incontrare l’unico amico che abbia a scuola. L’isolamento determinato dalla pandemia l’ha turbato e gli ha creato timori. La principale preoccupazione di suo padre è che il ragazzo possa essere contagiato dal Coronavirus.
I genitori di Fernanda, una giovane con sindrome di Down, hanno deciso di non mandare la figlia a scuola. Pensano che il rischio che contragga l’infezione sia troppo alto. Da ormai due anni Fernanda non partecipa a lezioni in presenza.
Le lezioni online non costituiscono un’alternativa efficace per Fernanda, che ha difficoltà a concentrarsi. I genitori
hanno quindi deciso che l’anno prossimo la manderanno di nuovo a scuola.
Timori per il futuro
José è preoccupato per il futuro di suo figlio. «Chi si prenderà cura di lui quando io non ci sarò più? Ha solo me e quando me ne andrò non potrò nemmeno lasciargli denaro per mantenersi», dice. José si sta ora impegnando per cercare di ricevere una casa prefabbricata dallo Stato. Per averla deve pagare un contributo di 1500 dollari statunitensi, ma finora ne ha raccolti solo 1000. Non ha un reddito regolare, ma riesce a garantire la sopravvivenza della sua piccola famiglia con lavori saltuari. Al mattino, quando suo figlio è a scuola, svolge lavori di pulizia nelle case o vende uova al mercato. Con il denaro che guadagna riesce a coprire i costi per l’acquisto di generi alimentari e per l’affitto della baracca, ma non ha modo di risparmiare molto.
Anche i genitori di Fernanda sono preoccupati per il futuro della figlia. «Il mio più grande timore è che quando moriremo Fernanda non abbia risorse per vivere», confida il padre della giovane. «Per questo cerco di risparmiare il più possibile, affinché in seguito possa vivere dignitosamente». Probabilmente il fratello minore di Fernanda dovrà prendersi cura di lei. Il ragazzo, che ha tredici anni, vuole bene a sua sorella, ma è anche consapevole dell’enorme responsabilità che incombe su di lui.
José spera di poter racimolare il denaro che gli manca ancora per poter accedere alla casa. È ottimista: «Mio figlio dovrebbe almeno avere una casa calda e poter condurre una vita dignitosa. È tutto ciò che spero!».
Una presenza vitale
I Salesiani di Don Bosco sono presenti in Cile dal 1887. Nelle varie zone del Paese ci sono 22 scuole Don Bosco, due fondazioni, 19 parrocchie e numerosi oratori e centri giovanili gestiti da loro. A Santiago, la capitale del Cile, i Salesiani di Don Bosco hanno fondato anche un’università cattolica. Circa due terzi degli studenti che la frequentano fruiscono di borse di studio e possono studiare gratuitamente. La maggior parte di loro proviene da famiglie povere.