BS Ottobre
2023

SALESIANI

O. PORI MECOI

Bulgaria:
il futuro è speranza

Incontro con Marcos Dalla Cia salesiano argentino “missionario” sul Mar Nero.

Può presentarsi?

Mi chiamo Marcos Dalla Cia, sono argentino e sono un confratello salesiano da quasi vent’anni. Sono nato nella città di Buenos Aires, la capitale del mio Paese, ma ho vissuto la mia infanzia e adolescenza in una città della Patagonia argentina chiamata San Carlos de Bariloche. Dal 2019 mi trovo in Bulgaria, nella città tracia di Stara Zagora.

Com’è la sua famiglia?

I miei genitori si chiamano Alejandro e Delia. Ho tre fratelli più piccoli, Cecilia, Santiago e Agustin. Tutti loro hanno messo su famiglia, quindi ho anche tre nipoti.

La famiglia segue lo schema tradizionale di una famiglia argentina con radici italiane. Grandi riunioni, grandi pasti, un forte senso di appartenenza e una fede radicata.

Nel 2021, dopo una serie di complicati interventi chirurgici, mio padre ha avuto la sua Pasqua, ed è stato il primo a precederci nell’incontro con il Padre.

Come è nata la sua vocazione?

Essendo stato coinvolto negli oratori e nei gruppi giovanili durante la mia adolescenza, la mia esperienza di fede cristiana si è arricchita e ampliata alla ricerca di nuovi orizzonti. È in questo ambito di servizio ai giovani che è nata la preoccupazione e poi è maturata la scelta di consacrarmi a Dio per i giovani.

Se devo parlare di un punto di partenza, è stata la testimonianza di un giovane salesiano pre-novizio in una serata di Pentecoste che ha acceso in me un’inquietudine vocazionale. Tutto ciò che è seguito è stato opera dello Spirito.

Come ha conosciuto i Salesiani?

Ero studente dei Salesiani a Bariloche e partecipavo attivamente ai gruppi mjs. Quando sono arrivato alla Scuola Don Bosco, ho continuato la tradizione familiare di frequentare le scuole salesiane. Mio padre, mio zio, mio nonno paterno, gli zii di mio padre, i cugini dei miei genitori… I miei fratelli più piccoli facevano lo stesso. I legami con il mondo salesiano erano così tanti e così vari, e così lontani nel tempo, che posso dire di aver conosciuto i salesiani da sempre.

Perché ha chiesto di andare in missione?

Già nel noviziato sentivo un interesse per le missioni. Il mio maestro dei novizi, nel nostro ultimo colloquio, lo aveva intuito prima che glielo dicessi. Ho trascorso tutto il tempo della formazione iniziale approfondendo questa inquietudine iniziale, cercando di capire se fosse la volontà di Dio o qualcos’altro. Alla fine la chiamata è maturata. Dopo un’esperienza molto arricchente di servizio come segretario provinciale di Argentina Sur, ho sperimentato fortemente l’impulso missionario. Non ero più un giovane salesiano di vent’anni, ma non mi sono tirato indietro. Era arrivato il momento. Quando avevo circa 38 anni, chiesi al Rettor Maggiore e mi misi a disposizione per le missioni ad gentes, ad extra, ad vitam.

Qual è il suo compito attuale?

Attualmente sono responsabile del Centro giovanile. Accompagno e coordino le diverse attività che vi si svolgono, con la responsabilità diretta di alcuni gruppi, come gli scout. Sono anche responsabile di un semplice oratorio alla periferia della città e della rappresentanza legale della nostra Fondazione nel Paese. Da due anni sono anche l’economo locale.

Com’è composta la vostra comunità?

La nostra comunità è composta da quattro confratelli, tre sacerdoti e un coadiutore. C’è anche uno studente di teologia a Torino, che è assegnato a questa missione in Bulgaria (sebbene abbia trascorso alcuni mesi nella missione). La maggior parte dei confratelli sono cechi (la missione è parte della Ispettoria della Repubblica Ceca); gli altri due: un guatemalteco e un argentino.

Come sono i giovani bulgari?

I destinatari del nostro lavoro sono sia bulgari sia Rom (popolarmente conosciuti come “zingari”), anche se negli ultimi dieci anni l’attenzione si è concentrata molto su questi ultimi, soprattutto con il centro giovanile, situato ai margini del loro quartiere. Va notato che i Rom in Bulgaria, come in tanti altri luoghi in Europa, sono un gruppo sociale emarginato e incompreso, in una situazione di grande svantaggio rispetto agli altri cittadini, e con una propria cultura che non è sempre facile da accettare e integrare. Come figli di don Bosco, abbiamo privilegiato in questo contesto il compito di lavorare con i giovani Rom, per collaborare alla loro crescita educativa e spirituale.

Come sono i rapporti con la diocesi e le altre chiese?

I rapporti con le diocesi sono molto buoni. La comunità cattolica è davvero piccola ma molto unita. Si percepisce la gioia dell’incontro tra le diverse congregazioni religiose, tra i fedeli delle diverse parrocchie, la maggior parte delle quali sono lontane l’una dall’altra. I rapporti con le altre chiese sono cordiali ma un po’ distanti, soprattutto con la Chiesa ortodossa bulgara. A livello “non ufficiale”, i legami sono più frequenti e amichevoli, e in alcuni casi c’è anche una certa collaborazione su questioni molto specifiche.

Quali sono i problemi che state affrontando?

Lavorare in contesti emarginati presenta difficoltà e sfide. Lavoriamo con un livello di fragilità molto alto, sia nelle persone sia nei processi che vengono svolti. Le variabili culturali e socioeconomiche dei destinatari presentano vere sfide per il compito educativo-pastorale.

Tra i giovani Rom, la mancanza di un’istruzione formale, la mancanza di un lavoro dignitoso, lo smembramento delle famiglie (molti genitori emigrano per motivi di lavoro), la droga, le sigarette (molto diffuse anche tra i bambini)… sono alcuni dei gravi problemi incontrati dai nostri destinatari.

Quali sono le vostre maggiori preoccupazioni?

Oggi siamo molto preoccupati per la situazione di tante bambine e adolescenti che, con il pretesto delle “tradizioni culturali”, sono costrette o indotte a contrarre “matrimoni” con persone più anziane che, in molti casi, le inseriscono in circuiti di prostituzione all’estero. Per questo motivo, uno dei fronti su cui i Salesiani lavorano è l’accompagnamento e il sostegno delle ragazze adolescenti. I nostri obiettivi a medio termine sono quelli di permettere loro di terminare la scuola secondaria, di rimandare il matrimonio fino alla maggiore età e di sognare qualcosa di diverso.

Il deficit educativo della popolazione rom è un’altra delle nostre principali preoccupazioni. Oltre a un livello di istruzione piuttosto basso, ci sono un tasso di abbandono scolastico molto alto e la mancanza di vere politiche pubbliche di integrazione.

Quali sono i suoi progetti e sogni per il futuro?

Per il momento sto ancora imparando. La mia lingua bulgara deve ancora migliorare molto, come anche la mia comprensione delle persone che mi circondano. Tuttavia, non posso smettere di sognare un’opera salesiana sempre più vicina alla Bulgaria, più fedele al carisma e al Paese in cui siamo pellegrini.

Molte delle speranze che abbiamo per il futuro si concretizzano nella costruzione di un nuovo tempio per la città e di un centro educativo per i Rom. Da alcuni anni questo progetto di costruzione si sta sviluppando lentamente, con molto lavoro e fatica e anche con aiuti importanti, dove si evidenzia quello dei volontari cechi e quello dello stesso Rettor Maggiore, Ángel Fernández Artime.

La nuova chiesa, con uno stile architettonico orientale, risponderà alle esigenze religiose della comunità cattolica così come alle esigenze spirituali dei Rom (l’edificio si trova accanto al quartiere zingaro). Ma la nuova chiesa sarà anche un segno per tutta la città, che nel prossimo futuro avrà tra i suoi templi uno cattolico.

Un centro educativo è di grande attualità per la missione tra i Rom. Tra questi, il tasso di analfabetismo e di abbandono scolastico è molto alto. La loro qualifica per il lavoro tecnico non è sempre adeguata. Le opportunità che può offrire loro un’istruzione formale di qualità, con valori umani e cristiani, sono grandi. Lo stesso si può dire della formazione professionale: in un contesto così critico, dove la sopravvivenza è quotidiana, la riqualificazione è una vera e propria “ancora di salvezza” per far fronte alle emergenze quotidiane. Quando le circostanze sono così avverse, tutto ciò che di buono si può fare con l’educazione ha un impatto molto grande. In mezzo a un sistema educativo con grandi carenze, con una cultura scolastica rigida e un po’ dura, e con poca capacità di trattenere gli alunni vulnerabili, la proposta educativa salesiana può diventare veramente “buona novella” per i suoi destinatari.

Come vede il futuro della Congregazione in Bulgaria?

Con grande speranza. Don Bosco è un dono immenso per la Chiesa e per la società. La sua particolarissima originalità, la forza delle sue convinzioni, il suo sguardo ampio e allo stesso tempo concreto, la sua feconda scuola di santità. Sono tutti tesori inestimabili per una società stanca e sofferente che non trova soluzioni o alternative alla crisi sociale, morale e spirituale in cui si trova. Il futuro è di speranza perché così siamo chiamati a concepirlo noi che seguiamo Gesù nello stile di san Giovanni Bosco.  

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