COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
AUTOGRILL PER EDUCATORI Lo sguardo buono
Tutte le cose importanti passano attraverso gli occhi
Anche lo sguardo può educare o non educare: può umanizzare o disumanizzare l’uomo. «Non mi spogli con quegli occhi!» così il noto comico Totò diceva in una commedia.
Il noto e grande comico ha ragione: gli occhi possono spogliarti, possono impoverirti. Ma possono anche arricchirti. Basta pensare alla differenza tra uno sguardo sprezzante ed uno sguardo accogliente; tra uno sguardo poliziesco ed uno sguardo sorridente.
Gli occhi possono essere costruttivi o distruttivi.
Ecco perché tutti i pedagogisti nelle loro opere dedicano un capitolo all’arte del guardare.
Guardare uno significa dargli valore
Essere guardato significa essere considerato. Non essere guardato significa essere abbandonato, essere di nessuno. Sempre i pedagogisti ci dicono che lo sguardo accresce l’autostima del figlio molto più che non i regali o il denaro. Certo è che se guardassimo i figli almeno come e quanto guardiamo l’automobile o il bagno, avremmo ragazzi meno tristi, meno infelici, meno delusi della vita.
Lo sguardo soddisfa i nostri bisogni emotivi
Nei campi di concentramento tedeschi era severamente proibito ai detenuti guardare negli occhi le loro guardie. Perché? Perché queste avrebbero potuto intenerirsi davanti agli occhi degli internati. Potere dello sguardo! Chiedetelo agli innamorati che talora sembrano mangiarsi con gli occhi. Tutto questo per dire che gli occhi lasciano un segno sulla nostra psiche. Lo sguardo poliziesco ti blocca. Lo sguardo minaccioso ti impaurisce. Lo sguardo indifferente ti raggela.
Sul polo opposto stanno gli occhi ‘buoni’.
Per farla breve, ci limitiamo a due per i quali vanno tutte le nostre simpatie: gli occhi generosi e gli occhi chiusi.
Gli occhi generosi sono quelli che vedono il 5% di buono che vi è in tutti, anche nell’uomo più malvagio.
Gandhi doveva avere occhi generosi se ci ha lasciato un comandamento tra i più umani: «Bisogna guardare le colpe degli altri con il binocolo capovolto e le nostre col binocolo in posizione normale».
Gesù aveva occhi generosi: vedeva il buono ove tutti si fermavano al cattivo.
Un Vangelo apocrifo (cioè un Vangelo che la Chiesa non ritiene ispirato) racconta un fatterello.
Un giorno Gesù vede un gruppo di uomini che guardavano per terra e parlottavano. Stavano guardando un cane morto da qualche giorno. «Che puzza!» disse uno.
Gesù restò un momento in silenzio e poi disse: «Ma guardate che bei denti ha ancora!»
Così sono gli occhi generosi! Occhi positivi, buoni, umani.
Gli occhi generosi sono i più apprezzati dai pedagogisti, che sono d’accordo con la magnifica intui-zione dello scrittore francese François Mauriac: «Amare qualcuno significa essere l’unico a vedere un miracolo che per tutti gli altri è invisibile».
Oltre agli occhi generosi le nostre simpatie vanno, dicevamo, agli occhi chiusi. Sì, perché tali occhi non hanno meno valore degli occhi sempre aperti.
Una volta in un monastero un novizio si macchiò di una grave colpa. Tutto subito l’abate non aprì bocca. Passò un anno e ancora silenzio.
Finalmente i monaci più anziani interruppero il silenzio sfogandosi con il superiore: «Non si può far finta di niente! Dopo tutto, il buon Dio ci ha dato gli occhi per vedere!».
L’abate rispose: «È vero, ma ci ha anche dato le palpebre per chiuderli!»
Chiudere talora gli occhi è una delle mille belle mosse di chi ha imparato l’arte di educare.
Lo sguardo di don Bosco
Un vecchio sacerdote già alunno a Valdocco, lasciò scritto nel 1889: “Quel che in don Bosco più spiccava era lo sguardo, dolce ma penetrantissimo, fino all’intimo del cuore, cui appena si poteva resistere fissandolo”. E aggiungeva: “In genere i ritratti e i quadri non riportano questa singolarità”.
Il salesiano don Pietro Fracchia, allievo di don Bosco, ricordava un suo incontro con il Santo seduto allo scrittoio. Il giovane osò chiedergli perché scriveva così con la testa bassa e si voltava verso destra accompagnando la penna. Don Bosco, sorridendo, gli rispose: “La ragione è questa, vedi! Da quest’occhio don Bosco non ci vede più, e da quest’altro poco, poco, poco!” – “Ci vede poco? Ma allora come va che l’altro giorno in cortile, mentre io ero lontano da lei, mi lanciò uno sguardo vivissimo, luminoso, penetrante come un raggio di sole?” – “Ma va’ là…! Voialtri pensate e vedete subito chissà che cosa…!”
Spesso egli seguiva con lo sguardo un giovane in cortile, mentre conversava con altri. Ad un tratto lo sguardo del ragazzo s’incontrava con quello di don Bosco e l’interessato capiva. Gli si avvicinava per chiedergli che cosa volesse da lui e don Bosco glielo diceva all’orecchio.
Più curioso fu il fatto di Tolone, accaduto durante il viaggio di don Bosco in Francia nel 1881. Dopo una conferenza nella chiesa parrocchiale di Santa Maria, don Bosco, con un piatto d’argento in mano, fece il giro della chiesa a questuare. Un operaio, nell’atto in cui don Bosco gli presentava il piatto, voltò la faccia dall’altra parte alzando sgarbatamente le spalle… Don Bosco, passando oltre, gli diede uno sguardo amorevole e gli disse: “Dio vi benedica!” –. L’operaio allora si mise la mano in tasca e depose un soldo nel piatto. Don Bosco, fissandolo in faccia, gli disse: “Dio vi ricompensi!”–. L’altro, rifatto il gesto, offrì due soldi. E don Bosco: “Oh, mio caro, Dio vi rimeriti sempre di più!”. Quell’uomo, ciò udito, cavò fuori il portamonete e donò un franco. Don Bosco gli diede uno sguardo pieno di commozione e si avviò. Ma quel tale, quasi attratto da una forza magica, lo seguì per la chiesa, gli andò appresso in sacrestia, uscì dietro di lui in città e non cessò di stargli alle spalle finché non lo vide scomparire.