LA LINEA D'OMBRA

ALESSANDRA MASTRODONATO

Anche gli adulti sognano...

Sognare in grande per poter agire nella quotidianità, ma soprattutto imparare a condividere i propri sogni, poiché «se si sogna da soli, è solo un sogno; se si sogna insieme, è la realtà che comincia».

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Chi ha detto che la dimensione dell’utopia è monopolio esclusivo dell’adolescenza, destinata ad essere accantonata man mano che procediamo nel cammino dell’adultità? Che solo i bambini hanno diritto di sognare ad occhi aperti, poiché agli adulti è richiesto piuttosto di essere realisti, pragmatici, con i piedi ben piantati per terra?
Certo, per un adulto non è facile mediare tra due esigenze contrapposte. Da un lato, il desiderio – mai del tutto sopito e, anzi, per molti aspetti più maturo e consapevole con l’avanzare dell’età – di cambiare le cose, di contribuire fattivamente a costruire una società più equa e solidale, vincendo le resistenze e il disfattismo di chi è convinto che non valga la pena investire tempo ed energie in quest’impresa, tanto «non cambia mai niente». Dall’altro, la consapevolezza che, affinché un progetto si traduca in realtà, bisogna inevitabilmente fare i conti con la sua fattibilità e con le sue concrete prospettive di realizzazione, altrimenti anche le aspirazioni più nobili e ambiziose rischiano di rimanere confinate in una dimensione onirica, nello spazio di frontiera tra il regno del possibile e i domini deludenti dell’illusione, finendo lentamente con lo spegnersi, come una fiamma privata dell’ossigeno che le permetta di continuare ad ardere e a crepitare.
I sogni dei giovani adulti devono, infatti, nutrirsi di coraggio e di determinazione, della profonda convinzione nella possibilità di trasfigurare il reale, scommettendo su tutte quelle risorse inespresse che, se adeguatamente riconosciute e valorizzate, possono diventare importanti motori di cambiamento. Ma anche di una più acuta capacità di discernimento che consenta di distinguere i desideri passeggeri dai progetti per cui vale davvero la pena rimboccarsi le maniche e tentare l’impossibile.
Sognare, per un adulto del terzo millennio, non vuol dire dunque accarezzare l’ingannevole speranza che tutte le proprie aspirazioni possano trovare immediata realizzazione in una sorta di “isola che non c’è”. Significa piuttosto imparare a guardare oltre l’apparenza scoraggiante di una realtà spesso prosaica e irta di ostacoli, non aver paura di coltivare la speranza individuando connessioni inedite tra il presente e il futuro, assaporare il senso del nuovo provando a prefigurarlo, a giocare d’anticipo nella quotidiana costruzione del cambiamento. Significa, in altre parole, immaginare un giardino fiorito laddove altri vedono solo un terreno arido e infecondo e fare tesoro anche delle difficoltà per correggere la rotta delle proprie aspirazioni ed osare innovazioni che agli altri sembrano impossibili, ma che si intravedono come lo sbocco necessario per dare realizzazione piena ai propri bisogni e ai propri valori.
Sognare in grande per poter agire nella quotidianità: è questo, quindi, il senso che deve assumere l’utopia per i giovani adulti, se si vuol evitare il rischio di operare solo in risposta all’emergenza del momento, nello sforzo di contrapporre alla rassegnazione e al cinismo rinunciatario di tanti l’impegno instancabile e fiducioso della responsabilità individuale. Ma soprattutto imparare a condividere i propri sogni, a metterli generosamente a disposizione degli altri, in modo che diventino un patrimonio comune. Poiché, come recita un antico proverbio africano, «se si sogna da soli, è solo un sogno; se si sogna insieme, è la realtà che comincia».

Dicevano che non era possibile
e che lo sforzo sarebbe stato inutile
e, invece, eccoci qui!
Dicevano non è un terreno fertile,
non c’è nessuno ormai che ha voglia di resistere
e, invece, e invece guardaci…
Pensavano che fossimo un’ipotesi,
un breve guizzo e poi di nuovo pavidi,
e forse, e forse un po’ è così.
Ma è questo che ci ha reso imprevedibili,
sentirci solidi restando liquidi…
Perché si può vedere
persino in questa nebbia
che a rimanere insieme
magari poi, stavolta, qualcosa cambia,
qualcosa cambia…
Ricordati dei giorni più difficili,
fanne tesoro e poi fanne coriandoli
e ridi, lanciandoli.
Ritorneranno, come è logico, gli ostacoli,
saranno altissimi, inamovibili
e, invece, questo è il bello,
gli andremo incontro
e cresceremo scavalcandoli,
superandoli…
Perché si può vedere
persino in questa gabbia
che a rimanere insieme
magari poi, stavolta, qualcosa cambia…
Una musica nuova, una strada pulita,
l’Europa sognata, la Siria guarita.
Un popolo onesto, le navi nei porti,
la scuola diffusa, i processi più corti.
Una generazione che corregga la rotta,
la fiducia che torna, la speranza risorta,
la lingua dei segni spiegata ai bambini…
Qualcosa cambia
e, se non cambia ancora,
cambierà!
Impara a non guardare solo l’emergenza,
vedrai che in lontananza
il cielo è rosa.
Qualcosa cambia…

(Daniele Silvestri, Qualcosa cambia, 2019)

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